Preghiera per i “nuovi martiri”: Francisco Hernandez (amico di William Quijano), “dobbiamo avere il coraggio di essere maestri” per dare “futuro e speranza”

“L’amore e l’amicizia allargano il cuore; anche William, amico fraterno, aveva il cuore dilatato dalla speranza e questa era la sua forza: amava la vita e in modo amichevole ha attratto molti giovani e bambini alla ‘Scuola della Pace’”. Ne è certo Francisco Hernandez Guevara, amico di William Quijano, ucciso in El Salvador la sera del 28 settembre 2009 dalle maras, come sono chiamate le bande giovanili a El Salvador. Il ricordo del ventunenne, appartenente alla Comunità di Sant’Egidio, è stato portato dal suo amico durante la preghiera per i “nuovi martiri” nella basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina, a Roma, alla presenza di Papa Francesco. La colpa di William, ha spiegato Francisco, è stata “sognare un mondo di pace. William non ha mai rinunciato a insegnare la pace, anzi il suo impegno ha spezzato la catena della violenza; diceva: ‘Il mondo è pieno di violenza, per questo dobbiamo lavorare per la pace iniziando dai bambini. Dobbiamo avere il coraggio di essere maestri, perché un paese che non ha scuole né maestri è un paese senza futuro e senza speranza. Le Scuole della Pace sono santuari che pongono una barriera alla violenza e alla povertà. La sicurezza non si ottiene solo con la fermezza, ma con l’amore’”. Secondo l’amico, “stupiva che William non parlava mai di repressione, o di vendetta contro le maras”, ma “insisteva sulla necessità di un cambiamento di mentalità. In tutti. Nei bambini, per primi, e lui ha cercato di dare loro affetto per dimostrare che con lo studio potevano progredire, avere un futuro. Ma anche nei giovani, negli adulti. Lui stesso si era imposto tale cambiamento”. Infatti, “era entrato così profondamente nel sogno della Comunità, nel sogno di una nuova umanità, che voleva viverlo fino in fondo. I bambini potevano e dovevano cambiare, i giovani potevano e dovevano cambiare”. Per Francisco, “ciò che ha colpito William, anche se tragicamente, spinge a credere che si può costruire un’altra America Latina, libera dall’incubo delle maras. Nella periferia esistenziale, William ha testimoniato la sua speranza in un mondo diverso, fondandosi sul Vangelo e su valori più umani, sulla centralità della vicinanza”.

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