Papa Francesco: a Università Cattolica del Perù, “andare incontro all’uomo e alla donna di oggi con una parola autentica e sicura”

foto SIR/Marco Calvarese

“È innegabile che i fondatori di questo Centro educativo lanciarono una proposta coraggiosa al servizio della società peruviana e della Chiesa. È una chiamata all’apertura verso altre culture e realtà; se ci si chiude, contemplando solo il proprio sapere, si è condannati al fallimento. Conoscere il modo di pensare e i costumi degli altri ci arricchisce e ci stimola a nostra volta ad approfondire i nostri per poter intavolare un dialogo serio e fruttuoso con l’ambiente che ci circonda”. Lo ha scritto Papa Francesco, in una lettera al card. Giuseppe Versaldi, gran cancelliere dell’Università Cattolica del Perù, in occasione del primo centenario dell’Ateneo. Per il Pontefice, “essere evangelizzati per evangelizzare” è uno degli “scopi essenziali” delle istituzioni cattoliche universitarie. L’apprendimento da solo non basta, osserva: “Siamo discepoli missionari” impegnati a trasformare il mondo in un “Vangelo vivente”. Ecco perché questa istituzione, con tutti i suoi membri, “deve affrontare la sfida di andare incontro all’uomo e alla donna di oggi con una parola autentica e sicura”, cercando la verità “con rigore”, trasmettendola adeguatamente e collaborando così “alla promozione della persona umana e alla costruzione della società”. L’ateneo avrà raggiunto “i suoi obiettivi se riesce a portare al tessuto sociale le doti di professionalità e umanità, proprie del cristiano che ha saputo trovare una giusta sintesi tra fede e ragione”.

Il Papa, nella lettera, sottolinea anche il carattere di “comunità” di tale realtà universitaria, fatta di docenti, studenti e laureati, che si riconoscono “membri di una stessa famiglia”, condividendo una “storia comune” fondata su “medesimi principi” che l’hanno originata e la governano: la comunità si forma e si consolida quando si cammina “insieme e uniti”, valorizzando l’eredità ricevuta che va custodita anche per le nuove generazioni.  Solo guardando all’esempio di Gesù, buon maestro, possiamo capire che per insegnare si debba “prima” imparare, essere discepoli. “L’insegnamento e l’apprendimento – evidenzia Francesco – sono processi lenti e scrupolosi che necessitano attenzione e amore costante perché si sta collaborando col Creatore a plasmare l’opera delle sue mani”. In tale compito, ognuno porta la competenza del proprio sapere e la specificità della propria vocazione e vita, in modo che questo centro di studi brilli non solo nella sua “eccellenza accademica” ma anche come “scuola di umanità”.

 

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