Abusi su minori: Grajales Rosas (Colombia), “insegniamo ai bambini a essere se stessi partendo dal loro punto di vista”

“Nel 2015 in Colombia si sono registrati 18mila casi di abusi; nel 2016 sono stati 15.564 ma molti non vengono denunciati”, afferma padre Wilfredo Grajales Rosas, direttore dell’Instituto Distrital para la Protección de Niños, Niñas, Adolescentes y Jóvenes, di Bogotá, intervenendo presso l’Università Gregoriana al seminario di studio su “Safeguarding in Homes and Schools: Learning from Experience Worldwide”. La capitale della Colombia, spiega, ha “un Consiglio distrettuale per l’attenzione e l’assistenza integrale alle vittime di violenza familiare e di abuso sessuale, ma spesso l’istituzione viene percepita dalla vittima come un’espressione di potere”. L’ente statale che si occupa di minori e i segretariati per l’educazione, la salute, la cultura e lo sport sono coinvolti in una sorta di “tavolo” contro la violenza sessuale, ma per Rosas il primo nodo su cui agire “è la riduzione dei fattori di violenza in famiglia” e proprio sulla famiglia si concentra il lavoro degli educatori dell’Istituto fondato 50 anni fa per seguire soprattutto i “bambini di strada” che vengono accolti in due case famiglia o seguiti durante il giorno nei centri diurni. Intenso il lavoro di prevenzione degli abusi sul territorio. “Al bambino – riferisce Rosas – tentiamo di insegnare ad essere se stesso ‘al cubo’: offriamo assistenza sociale, legale, psicologica, medica (cercando anche di ridurre il consumo di droghe), spirituale, educativa anche alla cittadinanza”. “Offriamo un modello di intervento incentrato su accoglienza, ripristino dei diritti, rafforzamento dei legami familiari, coordinamento tra le diverse istituzioni, autogoverno e responsabilità dei propri atti”. Soprattutto “ci dedichiamo al punto di vista delle vittime, vogliamo che si sentano protette”. Per l’esperto “occorre sensibilizzare l’opinione pubblica che ogni azione contro l’integrità dei bambini è un reato” e “combattere contro la ‘naturalizzaizone’, l’accettazione sociale di questo reato che stigmatizza le vittime”.

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