Giornata vittime mafie: don Ciotti, “lavoro, scuola, servizi educativi e sociali restano primo antidoto alla peste mafiosa”

“Credo che siamo qui perché amiamo la vita, e abbiamo un debito con chi è stato assassinato, con le loro famiglie. Ma non basta più ricordare, bisogna farli vivere nel nostro impegno, essi ci parlano e ci chiedono di essere noi più vivi. Ci hanno lasciato in eredità la speranza di una società più giusta e più umana”. Lo ha detto a Locri don Luigi Ciotti, nell’intervento che ha concluso la manifestazione di Libera per la memoria e l’impegno delle vittime delle mafie. “Non bastano le regole c’è bisogno di responsabilità, di relazione, di giustizia sociale, è necessaria una vera cittadinanza che significa corresponsabilità”, ha detto don Ciotti: “Evitiamo il rischio di fare della legalità un idolo, attenzione alla retorica della legalità che è lo strumento, è il mezzo per raggiungere un obiettivo importante che si chiama giustizia”. Per don Ciotti “il lavoro, la scuola, i servizi educativi e sociali restano il primo antidoto alla peste mafiosa” e occorre “restituire l’economia alla vita, ricominciare dalla cura dell’ambiente. Non ci può essere economia senza ecologia”. Il fondatore di Libera ha evidenziato come “i diritti non sono solo una questione di umanità ma il presupposto di ogni progresso sociale, civile, economico. Ma – ha proseguito – se oggi i diritti sono così deboli è anche a causa di chi li difende troppo debolmente. Siamo anche noi responsabili perché troppo tiepidi, a volte troppo prudenti”. Per don Ciotti, “il cambiamento comporta una promozione della vita a partire dai diritti sociali, civili che la garantiscano. I beni comuni non possono obbedire alle leggi di mercato, la vita non è una merce in vendita”. Un passaggio sulla legge di contrasto alle povertà: “Il provvedimento è del tutto insufficiente perché la maggior parte delle persone in povertà rimane fuori, è un piccolo passo da sostenere ma che raggiunge una fetta troppo piccola di persone”.

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