Migranti: Unicef, a un anno da accordo Ue-Turchia “i bambini soffrono di più”

Un anno dopo la chiusura delle frontiere balcaniche e l’accordo Ue-Turchia finalizzato a bloccare i flussi migratori di massa, “i bambini rifugiati e migranti affrontano maggiori rischi di espulsione, detenzione, sfruttamento e privazione”. Lo denuncia oggi l’Unicef.  “Pur essendoci stata un’importante diminuzione nel numero totale di bambini in transito in Europa dallo scorso marzo, le minacce e le sofferenze che i bambini rifugiati e migranti devono sopportare sono aumentate – ha dichiarato Afshan Khan, dell’Unicef -. È diventato un circolo vizioso: i bambini scappano dalle sofferenze e finiscono per scappare di nuovo o per affrontare quella che è di fatto una detenzione, o soltanto un totale abbandono”. Gli operatori dell’Unicef in Grecia riferiscono di livelli profondi di sofferenze e frustrazione fra i bambini e le loro famiglie, e anche di un bambino di otto anni che ha tentato pratiche di autolesionismo. Nei rifugi alcuni bambini non accompagnati soffrono di stress psicosociale, con alti livelli di ansia, aggressività e violenza e dimostrando comportamenti ad alto rischio, come l’utilizzo di droghe e la prostituzione. Anche nel 2017 circa 3.000 rifugiati e migranti – circa un terzo dei quali bambini – sono arrivati in Grecia nonostante la piena implementazione della dichiarazione Ue-Turchia e i severi controlli di frontiera. Molti di loro continuano a passare di nascosto fra i confini in Bulgaria, nei Balcani occidentali e in Ungheria.
I bambini bloccati in Grecia e nei Balcani occidentali hanno già perso circa tre anni di scuola e attualmente affrontano diversi ostacoli, come una lingua e un sistema scolastico diversi e un altro anno ancora senza istruzione. Nonostante sforzi significativi – da parte dei governi e delle Ong – circa la metà dei 2.100 bambini non accompagnati vivono ancora in condizioni al di sotto degli standard, fra cui circa 200 bambini non accompagnati in strutture con possibilità di spostamento limitato all’inizio di marzo (178 in centri di accoglienza e di identificazione nelle isole e 16 in “custodia cautelare” in celle della polizia).

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