Sostentamento clero: mons. Baturi (Cei), “siamo rimasti campanilisti”

“Tutto sommato siamo rimasti campanilisti”. Con queste parole monsignor Giuseppe Baturi, sottosegretario Cei, ha commentato il fenomeno degli scarsi vincoli di solidarietà tra il clero italiano, a proposito del sostentamento dei sacerdoti. Intervenendo al convegno degli Istituti diocesani per il sostentamento del clero, in corso a Roma fino a domani, Baturi ha fatto notare che dal 2008, anno della crisi, al 2013 “c’è stato un slittamento dalle comunità locali al centro”: le donazioni degli italiani sono infatti diminuite del 6%, “ma non tutte”. “Le offerte liberali a favore del clero sono diminuite”, ha sottolineato il sottosegretario, “non tanto a causa del problema economico, quanto della perdita di attrattività della causa della solidarietà verso il clero”. Nel 2015, ha reso noto Baturi, i sacerdoti inseriti nel sistema del sostentamento del clero sono stati 30.900, il 12% in meno rispetto all’anno precedente. Il fabbisogno complessivo, pari a 415 milioni lordi, è stato coperto per il 10% circa dalle risorse degli Istituti diocesani, per il 2.5% dalle offerte liberali e per l’85% circa dall’Istituto centrale per il sostentamento del clero grazie ai fondi dell’otto per mille. Di qui “il notevole spostamento dalla comunità locale al centro”, che per Baturi va riequilibrato tramite “la valorizzazione delle risorse locali e la promozione del sostentamento del clero in ambito locale”, partendo dalla constatazione che “il sistema non può continuare così, pena un danno”. “Se al sostentamento del sacerdote non pensa tanto la sua comunità, quanto un ente centrale con cui non si hanno contatti diretti, il rischio è che il sacerdote concepisca il suo ruolo in termini solo funzionali, di prestazione d’opera”, ha ammonito Baturi. Tanto più che oggi “stiamo passando dalla figura del prete tradizionale, cresciuto nella sua comunità e a servizio di essa per tutta la vita, a quella del sacerdote che viene dall’estero, da altre diocesi o dal clero regolare, tutte forme definite dai sociologi ‘non convenzionali’ di reclutamento del clero”. “Tanto meno il sacerdote dipende dalla comunità locale, tanto più aumenta la sua dipendenza dal centro”, ha fatto notare il sottosegretario Cei.

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