Islam: Corte di Giustizia Ue, vietare il velo al lavoro “non costituisce una discriminazione diretta”

“Il divieto di indossare un velo islamico, derivante da una norma interna di un’impresa privata che vieta di indossare in modo visibile qualsiasi segno politico, filosofico o religioso sul luogo di lavoro, non costituisce una discriminazione diretta fondata sulla religione o sulle convinzioni personali ai sensi della direttiva”. A stabilirlo è stata la Corte di Giustizia Ue, che si è pronunciata sul caso di una donna musulmana licenziata in Francia per essersi rifiutata di togliere il velo al lavoro. Secondo la Corte, che ha valutato il caso alla luce della direttiva sulla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, “la norma interna non implica una disparità di trattamento direttamente fondata sulla religione o sulle convinzioni personali”. Potrebbe tuttavia, sottolinea la Corte, rappresentare una discriminazione “indiretta”, qualora venga dimostrato che l’obbligo di abbigliamento neutrale comporta un particolare svantaggio per le persone che aderiscono a una determinata religione o ideologia. Ma anche in questo caso, la “discriminazione indiretta può essere oggettivamente giustificata da una finalità legittima, come il perseguimento, da parte del datore di lavoro, di una politica di neutralità politica, filosofica e religiosa nei rapporti con i clienti”.

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