Baby gang Vigevano: mons. Gervasoni (vescovo), “segnale di indebolimento di civiltà”

Un “segnale di indebolimento di civiltà” di fronte al quale occorre una riflessione approfondita per “tentare di individuare correttivi efficaci”. Monsignor Maurizio Gervasoni, vescovo di Vigevano e delegato per la pastorale giovanile dei vescovi della Lombardia, commenta al Sir l’arresto dei quattro quindicenni di Vigevano, bulli appartenenti alla cosiddetta “baby gang delle stazioni ferroviarie”, che aggredivano e brutalizzavano coetanei postando immagini e video su chat e social. Oltre ai quattro arrestati dopo le indagini condotte dai carabinieri, altri sei sono stati denunciati. Contattato telefonicamente, il presule dichiara: “Ho appreso la notizia dai giornali e non conosco i dettagli precisi della vicenda. Il primo sentimento è di scoraggiamento, delusione, sofferenza. Un fatto grave per i ragazzi, per la società e per la Chiesa che da noi è molto diffusa”, tuttavia, precisa, “per ora non ho elementi per formulare un giudizio esaustivo”. Secondo mons. Gervasoni, “il fenomeno del bullismo, il ridicolizzare il più debole e vantarsene non è purtroppo nuovo: quello che è invece recente è l’utilizzo dei social media a questo fine. Si tratta di ragazzi che non calcolano le conseguenze dei loro atti e rendono pubblici in maniera prepotente gesti sui quali dovrebbero invece riflettere”.

“Non possiamo che prendere atto dell’esistenza del fenomeno – riconosce il presule – e iniziare seriamente a lavorare per capire che cosa si può e si deve fare perché simili episodi non si ripetano. Dobbiamo prendere coscienza, a livello generale, di un problema educativo grave che attraversa sempre più la nostra società”, ma nel caso particolare “occorre approfondire il retroterra educativo di questi ragazzi – famiglia, scuola, contesto sociale – per tentare di individuare correttivi a fenomeni che sono segnali di indebolimento di civiltà”. Insomma, “capire che cosa c’è sotto, evitando di formulare giudizi che potrebbero risultare sommari o approssimativi. Ogni episodio va valutato in sé, caso per caso, con la storia di ciascuno di questi ragazzi perché – conclude mons. Gervasoni – le generalizzazioni non aiutano e rischiano di essere controproducenti”.

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