Paolo VI: l’attualità della “Popolorum Progressio” cinquant’anni dopo

“Nello stagnante clima della guerra fredda”, Papa Paolo VI con l’enciclica Populorum progressio, annunciata al mondo il giorno di Pasqua, 26 marzo 1967, “aveva fatto l’’errore’, secondo i critici, di non dividere il mondo tra Est e Ovest, ma ‘osato’ invece testimoniare che la vera cortina di ferro era quella che divideva il Nord e il Sud del mondo”. Fu anche per questo, spiega Stefania Falasca oggi su “Avvenire” ricordando i cinquant’anni dall’Enciclica, che quando Paolo VI morì, “un gruppo noto con il nome di Civiltà cristiana affisse sui muri di Roma un manifesto ignobile per infangare la memoria del Papa appena scomparso: “Adesso vogliamo un papa cattolico’”.
Il solo parlare “di capitalismo ‘fonte di tante sofferenze'”, chiarisce la vaticanista, equivaleva “a entrare in complicità con il nemico rosso. Così alcuni dissero che si trattava di “marxismo riscaldato’, altri che era la dimostrazione di come la Chiesa tendesse a fare politica invece di occuparsi dei problemi spirituali che la riguardano, altri ancora la giudicarono piena di equivoci”. Oggi “è fin troppo facile riconoscere quanto pertinente sia stata invece l’analisi profetica contenuta nell’enciclica del 1967”, o come la Populorum progressio “esplicitamente si riferisca all’insegnamento tradizionale della Chiesa sulla destinazione universale dei beni”. Per questo, commenta Falasca, “gli insegnamenti in essa contenuti conservano ancora tutta la loro forza di richiamo”. Ma anche oggi “si fa ancora fatica a intendere e a promuovere realmente” che “la preferenza per i poveri non è un pedaggio passeggero ai sociologismi ma attinge al cuore stesso della grande Tradizione della Chiesa”. Ovvero quella “che stima e custodisce i suoi due unici tesori: la fede tramandata dagli apostoli e i poveri, i popoli della fame che per primi sono chiamati a godere della grazia della fede”. Dopo l’Anno della fede, “il 30 giugno 1968, Paolo VI pronunciava in piazza San Pietro la solenne professione del Credo del popolo di Dio”. Una “intuizione profetica” – che non tutti “i cattolici di allora colsero” – dettata per Papa Montini dalla visione della “perdita della percezione di cosa sia veramente il cristianesimo, la natura e la dinamica della vita cristiana”. L’allarme contenuto nei discorsi di Paolo VI è che “la Chiesa viene demolita non dall’ateismo moderno ma dai suoi stessi figli”, una “malattia interna” che è “un cupio dissolvi”. Purtroppo, sottolinea Stefania Falasca, “tutto l’establishment cattolico, salvo rare eccezioni, lasciò cadere nel nulla quella lucida intuizione”. Tra i pochi solidali con Papa Montini “l’allora patriarca di Venezia, Albino Luciani”.

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