Anno fede Paolo VI: mons. Semeraro, nella decisione di Montini “due consegne ancora attuali”

Una fede viva, radicata nella testimonianza degli apostoli, e l’approfondimento del Concilio Ecumenico Vaticano II. Sono questi i due “spunti”, “ancora attuali”, che portarono Paolo VI a indire nel 1967 l’“Anno della fede” nel XIX centenario del martirio degli apostoli Pietro e Paolo. Lo sottolinea oggi al Sir mons. Marcello Semeraro, vescovo di Albano e segretario del Consiglio di cardinali. Esattamente 50 anni fa, il 22 febbraio 1967, con l’esortazione apostolica “Petrum et Paulum apostolos”, Papa Montini illustrava la sua decisione: un anno da vivere, dal 29 giugno 1967 al 30 giugno 1968, con “particolari commemorazioni e celebrazioni, tutte improntate al perfezionamento interiore, allo studio approfondito, alla professione religiosa, all’operosa testimonianza di quella santa fede senza la quale è impossibile piacere a Dio (Eb 1,6), e mediante la quale speriamo di raggiungere la promessa salvezza”. Quella di Paolo VI, sottolinea Semeraro, “fu una decisione ancora oggi di grande attualità, in quanto evidenzia un aspetto importante della nostra fede: la sua apostolicità. La fede è, infatti, radicata nella testimonianza degli apostoli e rivive in ogni generazione. La fede vive sempre sulle labbra di testimoni che la trasmettono. È una fede viva, testimoniata e vissuta, che colloca tutti noi in questa dimensione apostolica”. C’è, poi, “un altro aspetto importante, molto a cuore di Paolo VI, in quell’anno della fede”, rimarca Semeraro: “L’approfondimento del Concilio”. Il Vaticano II si era concluso da appena due anni e Montini invitava la Chiesa a “vivificare il Concilio nella varietà dei suoi testi, perché ogni pagina parla della fede”. Apostolicità della fede e approfondimento del Concilio, conclude Semeraro, “due consegne ancora attuali”.

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