Anno fede Paolo VI: don Maffeis (teologo), “stretto legame con il Concilio da poco terminato”

“La difesa dell’integrità della fede e il suo consolidamento appaiono a Paolo VI, nella prima stagione post-conciliare, come una esigenza ineludibile per la Chiesa e un imperativo al quale non può sottrarsi chi ha ricevuto il ministero di successore di Pietro”. In questa direttrice “si comprende da parte di Papa Montini l’indizione dell’Anno della fede”. Don Angelo Maffeis, presidente dell’Istituto Paolo VI di Brescia, docente della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, studioso della figura montiniana, interpreta per il Sir l’indizione dell’Anno della fede avvenuta il 22 febbraio 1967 dal pontefice di origini bresciane con l’esortazione apostolica “Petrum et Paulum Apostolos”. Un anno particolarmente intenso per la Chiesa cattolica (che prese avvio il 29 giugno successivo fino al 29 giugno 1968), con l’intento esplicito di celebrare il XIX centenario del martirio, a Roma, degli apostoli Pietro e Paolo; lo ricorderà anche Papa Benedetto XVI nell’indire un altro Anno della fede, nel 2012, con la lettera apostolica “Porta fidei”. Questa iniziativa di Paolo VI “ha uno stretto legame con il Concilio appena terminato”, osserva don Maffeis. Non a caso nell’omelia tenuta nel giorno dell’apertura dell’Anno, Montini afferma che la “Chiesa intende ripensare la sua ragion d’essere”, ritrovare “la sua nativa energia”, “ricomporre in ordinata dottrina il contenuto e il senso della parola vivificante della rivelazione”. Maffeis spiega: “Questo anno viene interpretato dal Papa come un’occasione per la riscoperta della fede nella sua integrità e nella sua dimensione comunitaria”.

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