La Civiltà Cattolica: fascicolo numero 4000. Padre Spadaro (direttore), “rivista di cultura ma non accademica, seria e popolare”

“Un momento di festa e di riflessione allo stesso tempo. Non siamo qui per spargere incenso sulla Civiltà Cattolica”, ma per riflettere sulla storia e sul ruolo attuale della rivista dei Gesuiti. Padre Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica, ha introdotto questa sera una tavola rotonda, svoltasi a Roma, dal titolo: “Una rivista ponte, di frontiera e di discernimento” (definizione di Papa Francesco). La Civiltà Cattolica pubblica, dopo 167 anni di storia, il fascicolo numero 4000. Da qui si è partiti per un dialogo a più voci cui hanno preso parte Giuliano Amato, giudice della Corte costituzionale; Emma Fattorini, docente di Storia contemporanea, senatrice della Repubblica; Andrea Riccardi, storico, fondatore della comunità di Sant’Egidio. Spadaro ha ricordato alcuni tratti della rivista, da sempre scritta solo da Gesuiti e molto vicina al pontefice. Il direttore l’ha definita “una rivista di cultura ma non accademica, seria ma al contempo popolare”, che affronta un ventaglio amplissimo di argomenti. “Rivista internazionale” per vocazione, che ora esce in 5 lingue: italiano, inglese, francese, spagnola e coreano (“per essere un ponte verso l’Asia”, perché “il Papa ci chiede di essere ponti”).
Spadaro ha voluto esplicitare quattro sottolineature: “Siamo qui per stabilire un legame di amicizia e intimità con i nostri lettori”; “noi non siamo intellettuali ma lavoratori”; “oggi c’è spazio per una riflessione in mare aperto” per, come dice il Papa, “incarnare lo sguardo di Cristo sul mondo”. E, non da ultimo: si intravvede in questa fase, secondo Spadaro, nel mondo cattolico, dinanzi al “caos percepito”, il “rischio di serrare le fila, di tornare a un cattolicesimo intransigente”. Per il direttore “una ‘civiltà cattolica’ non può essere una bolla chiusa”, né può nutrire “rancore verso il mondo. La tentazione identitaria è la necrosi del cristianesimo”. L’impegno è piuttosto quello di una cattolicità aperta, in dialogo, senza “alcuna pretesa integrista”, come scriveva l’ex direttore padre Sorge negli anni ‘70.

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