Ergastolo: card. Parolin, “una pena senza speranza”

Non solo la pena di morte ma anche l’ergastolo, “una pena senza speranza”, dovrebbe scomparire dagli ordinamenti giuridici, condividendo e appoggiando il “coraggioso impegno” di Papa Francesco. È la richiesta del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, durante la messa per l’apertura dell’anno giudiziario del tribunale dello Stato della Città del Vaticano, celebrata questa mattina, nella cappella del Governatorato prima della cerimonia inaugurale. All’omelia, riferisce L’Osservatore Romano, commentando il brano evangelico della Trasfigurazione, il porporato ha aggiunto che la vita cristiana non “è solo attesa della gloria futura, ma è accoglienza di tutti quegli sprazzi di luce che il Signore ci dona nel nostro cammino quotidiano, e, nello stesso tempo, impegno perseverante per rischiarare le tenebre che ci avvolgono e cambiarle in luce”. In pratica, è impegno per “trasfigurare anche il male, non ignorarlo, bensì positivamente combatterlo e sradicarlo”, sostituendovi “il bene e la sua inesausta ricerca”; combattere l’odio e sostituirvi “l’amore; combattere l’indifferenza, il cinismo, la ferocia, la vendetta”, e sostituirvi “la tenerezza, la misericordia, la pietas, il perdono; combattere l’ingiustizia, nelle varietà delle sue forme e manifestazioni, e sostituirvi la giustizia, la ricerca del giusto”. Anche la giustizia terrena, ha continuato, può e deve diventare, “grazie allo sforzo onesto e competente dei suoi operatori, come un Tabor”, dove sono ancora presenti “Elia, cioè la profezia, con la sua carica di novità, di libertà, di apertura”, e Mosè, “cioè la Legge, la legge naturale, innanzitutto, scolpita da Dio nella mente e nel cuore degli uomini”, che “a essa naturalmente inclinano, e quella positiva, umana, che alla prima deve ispirarsi e a essa mai opporsi o contrastare”. Per questo, ha detto il cardinale, “sappiamo bene che quella umana è una giustizia parziale e fallibile”. Da ciò la “doverosa cautela da parte degli operatori della giustizia e, in primo luogo, dei giudici”.

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