Fine vita: Tarquinio (Avvenire), “legislatore deve sapersi chinare e ascoltare realtà più umile”

“Non c’è nulla di più rischioso e persino di più crudele dei dibattiti ‘in astratto’ sulla vita e sulla morte degli altri, e sulla ‘dignità’ dei momenti cardine nell’esistenza di chiunque”, così Marco Tarquinio, direttore di “Avvenire”, rispondendo a un’accorata lettera che racconta dell’amorevole assistenza famigliare a una donna in stato di minima coscienza da 17 anni: Moira Quaresmini. Per questo, scrive Tarquinio al lettore, “ti sono specialmente grato di questa lettera nella quale, con grande lucidità oltre che con delicatezza e commozione, presti voce alla quotidianità, alle preoccupazioni e alle attese di una delle migliaia di famiglie che in Italia si prendono cura delle vite, specialmente fragili, di persone care in stato di minima coscienza”. Di fronte alle discussioni che si fanno in Parlamento sul “fine vita” – si legge infatti nella lettera pubblicata -, “i genitori si sentono impotenti e non sanno come arrivare al cuore dei politici per chiedere loro di essere aiutati, non per sopprimere la vita della figlia, ma per poterla assistere adeguatamente 24 ore al giorno”. Il direttore di “Avvenire” ricorda “l’appassionata fatica di ‘stare accanto’ a una persona che c’è ed è pienamente umana, ma non può entrare in relazione come prima dell’evento che ha inciso così profondamente sulla vita sua e di chi le vuol bene”. Nel nostro Paese, spiega, “nonostante l’ancora radicata e vasta cultura della solidarietà della gente, la politica si mostra più intenta a offrire risposte a chi conduce campagne per la ‘morte a comando’ irrogata dalla Stato che a rimuovere ostacoli morali e materiali, d’indifferenza o di pregiudizio, davanti a uomini e donne colpiti da grave e gravissima inabilità o affetti da malattie che possono essere curate, ma non ancora guarite”. Tarquino commenta che “l’insieme di norme sul ‘fine vita’ che si stanno votando alla Camera” soprattutto “il passaggio sull’alimentazione e l’idratazione delle persone che non riescono ad alimentarsi da sole, può essere – e non voglio avere dubbi su questo punto – buono nelle intenzioni, ma contemporaneamente è cattivo nell’esito che prefigura e nelle pratiche eutanasiche che minaccia di ingenerare”. “Continuo a credere – conclude – che un legislatore deve sapersi invece chinare ad ascoltare la realtà più umile, e meno suggestiva e titanica, di quanti affrontano con gioia la difficile fatica di vivere e di servire la vita. Senza servirsene mai, e senza scartarla in alcun modo”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Italia

Informativa sulla Privacy