Giornata del malato: don Arice (Cei), Lourdes “clinica dello spirito unica al mondo”

Parlando delle 116.060 strutture sanitarie cattoliche presenti nel mondo (Africa 15.734, in America 38.241, in Asia 20.916, in Europa 39.143, in Oceania 2.026), don Carmine Arice, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della salute della Cei, intervenendo stasera a Lourdes, ha evidenziato: “La grave responsabilità di ogni istituzione sanitaria di ispirazione cristiana sta proprio” nell’“essere un luogo teologico nel quale si possa incontrare il Signore sia nei malati che soffrono come negli operatori sanitari che li curano con competenza, umanità e carità. Un ospedale evangelicamente ispirato è governato da amministratori onesti e trasparenti i quali, nell’allocazione etica delle risorse e la promozione di un’adeguata cura pastorale, hanno un unico scopo: concorrere alla salute integrale dei malati”. “Non sono rare le strutture che nascono nei pressi di santuari mariani dove la carità di Dio manifestatasi in Maria, ha portato alla carità dei fratelli verso i più bisognosi – ha quindi ricordato don Arice -. Anche qui a Lourdes, sono innumerevoli le iniziative di carità verso i sofferenti, ispirate da Aquerò alla Grotta di Massabielle, fin dai tempi delle apparizioni. La stessa Bernadette Soubirous sentirà la vocazione a farsi religiosa nelle suore della carità e vivrà, lei inferma, tutta la sua vita a servizio dei malati”.
A Lourdes “i malati sono importanti sia perché hanno bisogno di consolazione, sia perché indicano a tutti noi una verità fondamentale: la fragilità e la debolezza fisica e morale dell’umanità bisognosa di salute e di salvezza. Bernadette è la malata che a Lourdes non ritrova la salute, ma accoglie in un modo esemplare la salvezza, e così può dare un senso anche all’esperienza più buia che la storia le riserverà: la notte dello spirito”. L’augurio di don Arice è che “in questa clinica dello Spirito, unica al mondo, i malati siano sempre in prima fila, segno dell’attenzione prioritaria della Chiesa ai sofferenti, e attorno a loro vi sia sempre viva una comunità cristiana che nel nome del Signore li cura, li consola e li accompagna” affinché “possano incontrare Cristo Signore unico salvatore del mondo”.

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