Giornata mondiale malato: don Arice (Cei), Chiesa sia “coscienza critica”, abbia “attenzione spirituale” e offra “segni di speranza”

“Dal punto divista del progresso della ricerca, della medicina e dell’assistenza ai malati molto è stato fatto; tuttavia nell’ultimo decennio c’è stato un impoverimento nella capacità di garantire le cure alle fasce più deboli della popolazione e milioni di italiani vi hanno rinunciato”. Alla vigilia della XXV Giornata mondiale del malato, istituita da Giovanni Paolo II e che si celebra domani in edizione solenne a Lourdes, e prima dell’udienza odierna con Papa Francesco, in un’intervista al Sir don Carmine Arice, direttore dell’ Ufficio nazionale per la pastorale della salute della Cei, traccia un duplice bilancio, sanitario e pastorale, di questi primi 25 anni. “Si è instaurato – spiega – il circolo vizioso crisi economica – povertà – povertà sanitaria – aumento malattie. Il rischio è che i tagli alla spesa per la salute si rivelino più ‘onerosi’ dei costi che sosterrebbe lo Stato garantendo l’accesso alle cure per le fasce più indigenti”.  Dal punto di vista pastorale, “quasi tutte le diocesi hanno istituito l’ufficio pastorale della salute”. Coinvolti nell’animazione parroci, cappellani, laici, diaconi, ministri straordinari della comunione perché “primo soggetto di pastorale è tutta la comunità cristiana”. Per don Arice, senza tralasciare gli ospedali questa pastorale deve essere ulteriormente sviluppata sul territorio perché “la maggior parte dei malati e dei disabili vive in casa. Strategico il ruolo di famiglie religiose e parrocchie”. Duplice il compito  della Chiesa: “essere profezia e coscienza critica rispetto alle responsabilità della comunità civile, e al tempo stesso offrire segni di speranza attraverso opere di misericordia concreta”. Oltre alle mense, “molte diocesi hanno moltiplicato gli ambulatori e in diverse case di riposo tenute da religiose sono state realizzate realtà di primo soccorso per i più poveri”. Ma la misericordia è anche “spirituale”. Al n. 200 di Evangelii gaudium, il Papa “avverte che la ‘peggior discriminazione di cui soffrono i poveri è la mancanza di attenzione spirituale’. Siamo chiamati – afferma don Arice – a preoccuparci del loro bisogno di Dio”.

 

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