Papa Francesco alla Curia Romana: mons. Semeraro, “non ira, ma linguaggio di autentica paternità”

“Una Curia estroversa, per Francesco non vuol dire una Curia meno ‘romana’. Tutt’altro. È, invece, l’autentica vocazione della romanità”. Lo sottolinea mons. Marcello Semeraro, vescovo di Albano, segretario del C9, commentando, in una nota per il Sir, il discorso di oggi di Papa Francesco alla Curia romana. “All’autocitazione di una Curia romana dove si apprende e respira in modo speciale la compenetrazione nella Chiesa tra l’universale e il particolare”, evidenzia il vescovo, “Francesco unisce un’appassionata citazione congiunta di Dante Alighieri e del beato Paolo VI che invita a ‘scoprire come e perché ‘Cristo è Romano’”. Collocandosi in questo “respiro davvero molto ampio”, fa notare mons. Semeraro, “Francesco non è, però, disattento dalla concretezza”, nella consapevolezza del “mistero della Chiesa, la quale non è soltanto il ‘mistico corpo di Cristo’, ma anche, come direbbe sant’Agostino, un corpus mixtum”.
Francesco la pensa allo stesso modo. Da qui “il richiamo al pericolo che rende presente nella Chiesa chi tradisce la fiducia, o approfitta della sua maternità e la contestuale esortazione alla conversione”. Per il segretario del C9, “questa del Papa non è ‘ira’, ma espressione di quella medesima ‘pazienza, dedizione e delicatezza’ da egli stesso richiamate per spiegare l’espressione ‘simpatica e significativa’ del De Mérode sul tentativo di pulire la Sfinge d’Egitto con uno spazzolino da denti. Il rischio che la passione del servizio venga meno e si spenga, d’altra parte, prima che del Papa è un forte richiamo evangelico. C’è, ad esempio, nella parabola delle dieci vergini, cui Francesco rimanda con una citazione di san Girolamo: ‘Divengono stolte quando non agiscono più secondo il fine loro assegnato’. E questo è linguaggio di autentica paternità”.

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