Radio: Menduni (Roma Tre), “non produce immagini ma le stimola”. Greco (Radio Rai), “è la parola che vince sull’immagine”

“La radio non produce immagini, ma le stimola”. A farlo notare è stato Enrico Menduni, di Roma Tre, intervenendo al convegno “Interferenze”, in corso a Palazzo Borromeo sul futuro della radio a 80 anni dalla morte di Guglielmo Marconi. “Non poteva sfuggire alla Chiesa la grande potenzialità della radio”, ha detto Raffaella Perin, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, tracciando un excursus storico del rapporto tra la Chiesa e i media e sulla nascita e l’evoluzione di Radio Vaticana. “La congenialità della Chiesa con i media comincia con san Paolo”, le ha fatto eco Menduni, soffermandosi sull’evoluzione e il rinnovamento della radio, che fino agli anni Ottanta “ha conquistato la fiducia delle nicchie generazionali, in particolare dei giovani” e, dopo gli Anni Ottanta, con l’avvento del digitale “ha modificato i modi di produzione, pur restando analogica in termini di diffusione”. Col passaggio dal digitale a Internet, sono nate le “web station” e lo streaming audio e video. “Oggi la digitalizzazione della radio è parziale, ma andiamo verso una totale digitalizzazione”, ha detto Menduni, secondo il quale il futuro della radio passa dalla “responsabilità di non sprecare le tecnologie, ma di metterle a servizio della cultura, dell’informazione e di una comunicazione interattiva che ha al suo centro la persona”. “Il futuro della radio già c’è: è la radiovisione”. Ne è convinto Pierluigi Diaco, giornalista e conduttore di Rtl 102.5. Di parere opposto Fabio Volo, conduttore di Radio Deejay, secondo il quale invece “la radiovisione è una brutta tv e una bruttissima radio. La radio è una cosa intima, personale: è come leggere un libro. La sorella della radio non è la televisione, è la letteratura. La radio è emozione, e quindi è eterna”. “La televisione generalista è in crisi, gli ascolti delle radio invece sono in crescita”, il dato citato da Volo. Un esempio: “Tutto il calcio minuto per minuto”, definita dalla sua “voce”, Riccardo Cucchi, una trasmissione storica nel modo di “fare la radio”, dove “la breaking news è un goal”. “La radio è la casa della parola, e il grande privilegio della radio è il non avere immagini”, ha chiosato.

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