Media: don Maffeis (Cei), “contenti di abitare il mondo digitale con curiosità e passione, provocati a viverlo con il nostro specifico”

“Nel giro di pochi anni è davvero cambiato un mondo. Noi siamo contenti di abitarlo questo mondo. Ci rendiamo conto delle opportunità che offre e non vogliamo solo farci spaventare dai pericoli. Nell’abitarlo con curiosità e passione, ci sentiamo anche provocati a viverlo con quello che è il nostro specifico, con quello che ci distingue”. Lo ha affermato questo pomeriggio don Ivan Maffeis, direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei, aprendo a Roma la sessione pomeridiana dell’incontro degli Animatori della comunicazione e della cultura (Anicec) dedicato a “Youtubers e le pratiche di comunicazione online: opportunità per la Chiesa”. “Questo tempo ci mette davanti alcuni interrogativi rispetto ai quali sono convinto non ci sia qualcuno che ha le soluzioni”, ha osservato don Maffeis, aggiungendo che “condividere un cammino di formazione come il corso Anicec ci aiuta a cercare di decifrare questo nostro tempo”. Don Maffeis ha invitato i presenti ad andare a rileggere “quello che Papa Francesco ha detto la mattina del 6 ottobre ai partecipanti al convegno sugli abusi in rete promosso dalla Pontificia Commissione sui minori. Parole che fanno il punto e che possono aiutarci a fare qualche passo in avanti, proprio a livello fondativo”. Secondo il direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei, “tante cose il mondo le sa già, le conosce meglio di noi e ce le può insegnare”. Ma “in questo contesto in cui tutto è comunicazione, vorremmo esserci con passione, competenza, disponibilità. Per abitare questa cultura cercando di parlare anche con i lontani senza allontanare i vicini”. “Questo tempo ci consegna alcune chiavi preziose che già appartengono al nostro dizionario cristiano, alla nostra esperienza ecclesiale”. Innanzitutto, “l’importanza di prendere l’altro seriamente”. “Oggi – ha notato – tutti avvertono la necessità di dire la propria, di commentare, di postare”. “Questo ci allena a metterci in ascolto” avendo “cura delle relazioni” che “è un profilo che ci deve contraddistinguere proprio mentre abitiamo questo stesso orizzonte”. E poi, “quello che noi possiamo portare, senza presunzione ma con umiltà, è uno sguardo, che dia unità”. “Uno dei servizi più importanti in cui giochiamo la nostra autorevolezza è proprio nella capacità di allenarci, sforzarci, educarci a portare uno sguardo di speranza e di fiducia su quello che accade”. E, richiamando le parole del Papa nel messaggio per la 51ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, ha concluso invitando ad “aiutarci a portare uno sguardo credente sul nostro tempo, uno sguardo che aiuti ad assolvere la missione ecclesiale che è l’annuncio, la comunicazione, il portare all’uomo di oggi la Parola della vita”.

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