Rapporto Svimez 2017: nel rapporto tra Nord e Sud molti luoghi comuni da sfatare

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Il 14% del Prodotto interno lordo del Centro-Nord (pari a 177 miliardi di euro nel 2015) è dovuto a consumi e investimenti del Sud. Non solo. Su 50 miliardi di residui fiscali (tema sollevato dai referendum in Veneto e Lombardia) di cui beneficia il Sud, circa 20 miliardi ritornano direttamente al Centro-Nord e gli altri, comunque, rafforzano il mercato delle regioni meridionali che resta rilevante per l’intero Paese. Ancora. Il surplus dei depositi bancari al Sud, la differenza tra depositi e impieghi che nel 2016 era di circa 5 miliardi, finisce per finanziare l’economia del Centro-Nord.
Questi sono alcuni dei dati contenuti nel Rapporto Svimez 2017, presentato oggi presso la Sala della Lupa di Montecitorio. Lo Svimez (il più autorevole centro studi sull’economia meridionale) sottolinea anche che nel Sud gli investimenti pubblici hanno toccato nel 2016 il punto più basso della serie storica e che gli investimenti in opere pubbliche, calcolati pro capite, oggi sono di gran lunga più rilevanti al Centro-Nord che al Sud: rispetto alla media di 231 euro a livello nazionale, 296 sono per il Centro-Nord, meno di 107 per il Sud. Per invertire questa tendenza, lo Svimez propone l’attivazione della cosiddetta clausola del 34% (destinare al Mezzogiorno la quota di spesa pubblica corrispondente alla quota di popolazione) e di istituire un Fondo di perequazione delle risorse ordinarie in conto capitale, da finanziare con eventuali risorse non spese.
Nel campo della pubblica amministrazione, la spesa corrente pro-capite nel Sud è pari al 71,2% di quella del Centro-Nord, con un divario negativo di circa 3700 euro a persona. Tra 2011 e 2015 i dipendenti pubblici nel Mezzogiorno sono scesi di 21.500 unità.

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