Legge sul caporalato: Russo (Acli), “va nella direzione giusta, ma le ispezioni sono poche”. “Ripartire dalla dignità delle persone”

“Bisogna ritornare al tavolo nazionale con le grandi organizzazioni agricole e chiedersi per quale motivo non si riesce a far emergere la sacca di lavoro nero, sommerso, in schiavitù, irregolare, che crea un danno non solo umano, ma anche fiscale e contributivo”. Lo dice in un’intervista al Sir il responsabile nazionale welfare delle Acli, Antonio Russo, a un anno dall’approvazione della legge sul caporalato. Il provvedimento, osserva Russo, “va nella direzione giusta, gli strumenti ci sono, ma le ispezioni sono molto poche, i nuclei ispettivi sono ridottissimi e, per questo, non sono in condizione di fare verifiche su migliaia di ettari di terra coltivata”. È necessario anche “un continuo lavoro di sensibilizzazione prevalentemente culturale, da parte delle Acli e dei sindacati, per far maturare un nuovo approccio alle regole e al rispetto dei lavoratori. Se non ripartiamo dalla dignità delle persone, non cambieremo mai la situazione. Così stiamo perdendo un’altra buona occasione per rendere più civile questo Paese”.
“Chi contribuisce a far sì che il fenomeno persista è la criminalità organizzata, che si sostituisce allo Stato – denuncia il responsabile per il welfare delle Acli -. Quando non c’è un riferimento sicuro e legale che dovrebbe funzionare come un tradizionale punto di incontro tra domanda e offerta di lavoro, con un’agenzia che garantisce la regolarità del contratto di lavoro in modo da assicurare i diritti soggettivi e i doveri del lavoratore, le persone purtroppo continuano a rivolgersi ai caporali per lavorare”.

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