Rohingya: Amnesty su accordo Bangladesh e Myanmar, “prematuro parlare di rientro dei rifugiati senza condizioni sicurezza”

“Anche se i dettagli dell’accordo non sono stati ancora resi noti, parlare di rientro è evidentemente prematuro considerato che i Rohingya continuano a cercare rifugio in Bangladesh quasi ogni giorno a causa della pulizia etnica in corso in Myanmar”. È il commento di  Charmain Mohamed, direttore di Amnesty International sui diritti dei rifugiati e dei migranti, dopo la notizia di oggi su un accordo raggiunto tra Myanmar e Bangladesh per il rientro di quasi un milione di rifugiati Rohingya. “Non potrà esservi alcun rientro in condizioni di sicurezza e dignità fino a quando il sistema d’apartheid resterà in vigore in Myanmar  – afferma -, dove migliaia di Rohingya sono trattenuti in condizioni equiparabili a quelle dei campi di concentramento. Rientrare in condizioni del genere è semplicemente inimmaginabile”. Mohamed chiede che Myanmar e Bangladesh rispettino “l’obbligo di diritto internazionale di non rimandare persone in situazioni nelle quali rischierebbero di subire persecuzione o altre gravi violazioni dei diritti umani”. Secondo Amnesty international  il fatto che le Nazioni Unite e la comunità internazionale “siano state completamente emarginate da questo negoziato non depone in favore di un serio programma di rimpatri volontari rispettoso degli standard internazionali”. Ad avviso dell’organizzazione per i diritti umani i Rohingya “dovrebbero essere in grado di continuare a chiedere asilo in Bangladesh e chi non volesse tornare in Myanmar non dovrebbe essere costretto a farlo”. L’analisi di Amnesty international sulle cause alla radice dell’attuale crisi nello stato di Rakhine, pubblicata questa settimana, ha riscontrato che la popolazione Rohingya di Myanmar è intrappolata in un crudele sistema di discriminazione istituzionalizzata e promossa dallo Stato “che corrisponde al crimine di apartheid”.

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