Fine vita: don Angelelli (Cei), “il Papa ha ribadito concetti chiari da decenni”

“Il Papa ha ribadito alcuni concetti chiari da decenni, citando Pio XII nel 1957 e san Giovanni Paolo II, laddove si condannava l’accanimento terapeutico e si invocava la proporzionalità delle cure”. Lo afferma don Massimo Angelelli, nuovo direttore dell’Ufficio per la pastorale della salute della Cei, in un’intervista pubblicata oggi da Avvenire. Commentando il messaggio del Papa al convegno della Pontificia Accademia della Vita e della World Medical Association e i due discorsi al Pontificio Consiglio per la cultura e alla Conferenza sulle disparità globali nella salute, don Angelelli sottolinea che “il termine eutanasia viene citato solo per ribadire che ‘rimane sempre illecita’”. “Altro aspetto importante – aggiunge – è che il Papa fa riferimento non alla morte ma alla fine della vita. Ci ricorda che la morte è un processo, il fine-vita”. “È necessario fare questa distinzione – osserva – perché i processi tecnologici e le innovative ricerche in medicina hanno creato percorsi terapeutici inimmaginabili fino a pochi anni orsono, sostenendo con efficacia molte funzioni biologiche”. “Ma non sempre tutto questo concorre al bene integrale della persona, che chiaramente non è soltanto biologico”. Anche per questo “il Papa invoca ‘saggezza’, perché non tutto quello che è possibile fare è sempre opportuno o necessario. È il citato rischio di accanimento, cioè trattamenti, somministrazione di cure o di farmaci futili, inutili o dannosi, che non hanno un’efficacia reale sul bene integrale della persona”. Don Angelelli conferma che “l’accanimento terapeutico è inopportuno e inutile, oltre che vietato per legge” mentre “la nutrizione assistita non può mai essere negata, insieme all’idratazione, perché non sono terapie, ma il normale sostegno alla vita dell’uomo”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Chiesa

Informativa sulla Privacy