Ecumenismo: don Bettega (Cei), “necessario un organismo di collegamento fra le Chiese cristiane presenti in Italia”

“È necessario, imprescindibile – non solo opportuno – mettere in piedi un organismo di collegamento fra le Chiese cristiane presenti in Italia: un ‘qualcosa’ che ci permetta di stare collegati. Se forse, anche nel recente passato, non è stato possibile, ora i tempi sono maturi. Ce lo chiede il Vangelo: niente di più e niente di meno del Vangelo. E mi pare più che sufficiente come appello a lavorare insieme”. Lo ha affermato oggi don Cristiano Bettega, direttore dell’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Cei, chiudendo ad Assisi il convegno “Nel nome di Colui che ci riconcilia tutti in un solo corpo”. In questo “camminare insieme” – ha riconosciuto – “faremo fatica, a volte ci capiremo di più a volte di meno, a volte avremo l’impressione di viaggiare come una Freccia Rossa e altre volte come una bicicletta: ma viaggeremo, non c’è dubbio”. “E la meta della comunione tra noi – ha aggiunto – non è solo davanti, ad attenderci: ci accompagna per strada”. Don Bettega ha poi sottolineato come “a noi stia il compito di moltiplicare il più possibile passi di comunione piena, per poter contemplare sempre più da vicino quella definitività di comunione che il Signore ha già in mente per noi”. Inoltre, ha evidenziato, “abbiamo capito che ‘è necessario rispondere alle sfide della riforma’, che siamo chiamati a far sì che ‘l’eredità della Riforma di Lutero diventi stimolo per una riforma costante nelle Chiese’ di Oriente e di Occidente”. “Abbiamo bisogno di capire come questo sia possibile – ha ammesso – e su questo dobbiamo proprio aiutarci e lasciarci aiutare: aiutarci tra noi, confrontandoci e anche – se necessario – scontrandoci per capire sempre meglio quello che è veramente essenziale della chiesa; ma anche lasciarci aiutare dallo Spirito di Dio”. Per don Bettega è ora importante che “si diffonda un metodo” e che “l’ecumenismo diventi uno stile scontato di lavoro e vita, annuncio e testimonianza”. Serve “fare quel ‘salto di qualità’ che mi sembra ormai indispensabile”, ha proseguito, notando che “siamo arrivati molto avanti nel nostro cammino ecumenico, ma a volte ho l’impressione che giriamo un po’ attorno allo stesso punto fermo”. Ora è “necessario andare oltre, e inventare e costruire gesti di comunione sempre più concreti. E questo lo dobbiamo fare noi”. “In un mondo tanto individualista – ha concluso – essere cristiani può significare anche questo: essere consapevoli che siamo un ‘noi’, che siamo Chiesa, attenta e aperta verso tutti, a partire dai poveri”.

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