Salute: Spagnolo (Università Cattolica), Comitati etici “aiutano al discernimento dei singoli casi”

In quanto “braccio operativo della bioetica”, i Comitati etici “possono essere un aiuto, una facilitazione nelle decisioni cliniche”, in quanto consentono di “contemperare l’innovazione tecnologica con la riflessione sui valori”. Lo ha detto Antonio G. Spagnolo, direttore dell’Istituto di bioetica e di Medical Humanities dell’Università Cattolica di Roma, intervenuto oggi alla conferenza internazionale in corso in Vaticano sulle disparità globali in materia di salute. “Come ha scritto oggi il Papa alla Pontificia Accademia per la Vita – ha fatto notare Spagnolo – per razionalizzare il processo decisionale clinico occorre valutare i processi in gioco non attraverso regole generali, ma tramite un discernimento delle singole situazioni”. In questa prospettiva, come raccomanda la nuova Carta degli operatori sanitari, il Comitato etico “deve diventare una coscienza etica che deve guidare la governance della struttura sanitaria”. Istituiti negli anni Ottanta, i Comitati etici “erano diffusi soprattutto nelle strutture cattoliche: ora invece assistiamo al processo inverso, grazie al quale i Comitati etici vengono sempre più eliminati e cancellati nelle strutture cattoliche”, il grido d’allarme dell’esperto. Il Comitato etico, nella Carta citata, viene definito in sintesi “come un organismo indipendente, formato da personale sanitario e non, la cui funzione è di fornire pareri, valutazioni, linee-guida su pratiche mediche e attività di ricerca”. Nella Carta, ha fatto notare Spagnolo, “si parla di una doverosità per i cattolici non solo di istituirli, ma anche di essere presenti all’interno di essi”. Determinante, ad esempio, è il ruolo dei Comitati etici nella sperimentazione, quando si tratta “di dare un parere di fronte a farmaci salvavita o a terapie che la medicina può garantire”. Di qui la necessità della “capillarità” della diffusione dei Comitati etici e di un loro monitoraggio, non solo su scala nazionale ma anche su scala locale, per evitare “il doppio binario di un’etica dei Paesi sviluppati e di un’etica dei Paesi in via di sviluppo, dove è più facile la sperimentazione perché ci sono meno controlli e meno difficoltà”, salvo poi ad espropriare i Paesi in via di sviluppo dei risultati della ricerca che diventa appannaggio esclusivo dei Paesi più ricchi. Centrale, nella nuova Carta degli operatori sanitari, è il concetto di “sanità sostenibile”, ha detto Spagnolo, che si traduce “in un invito alle aziende farmaceutiche, pur nel necessario ritorno economico, ad un bilanciamento tra il diritto all’accesso alle terapie necessarie ed essenziali e la ricerca nel campo delle malattie neglette e dei farmaci orfani”.

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