Giornata vittime immigrazione: dichiarazione ecumenica da Lampedusa. Appello ai politici, “passaggi sicuri e corridoi umanitari”. No a “ogni politica di chiusura”

“Ci opponiamo a ogni politica di chiusura o di spostamento dei confini per prevenire o negare l’accesso a uomini e donne che avrebbero diritto alla protezione internazionale. Per questo oggi rivolgiamo un appello ai nostri governi e alle istituzioni internazionali perché garantiscano passaggi sicuri e corridoi umanitari ai profughi, ai richiedenti asilo e a quanti vivono in condizioni di vulnerabilità e di rischio per la propria vita”. Da Lampedusa esponenti e leader protestanti, cattolici e ortodossi lanciano un appello ai politici in una Dichiarazione congiunta che è stata letta durante la commemorazione ecumenica che si è tenuta oggi sull’isola in ricordo delle vittime del naufragio del 3 ottobre 2013, in cui persero la vita 368 bambini, donne e uomini e al termine di un convegno internazionale dal titolo “Vivere e testimoniare la frontiera” su migrazioni, confini e accoglienza. “Ai decisori politici – si legge nel testo dell’appello – chiediamo di prendere coscienza dei nuovi fattori economici, politici, militari e ambientali che spingono alla fuga verso Paesi più stabili e ricchi, e di garantire una più ampia e inclusiva interpretazione del diritto alla protezione internazionale e all’asilo”. La Dichiarazione è stata sottoscritta da tutti i partecipanti al convegno tra cui Luca Negro, presidente della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (Fcei), Doris Peschke, segretaria generale della Commissione delle Chiese per i migranti in Europa (Ccme, organismo della Conferenza delle Chiese europee, Kek), e dal cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e direttore di Caritas italiana. La Dichiarazione si rivolge anche alle comunità cristiane in Europa. “Sorelle e fratelli, ricordiamoci sempre che la tutela del migrante e l’accoglienza del profugo e del perseguitato sono al centro della nostra fede in Cristo e dell’amore cristiano che siamo chiamati a predicare e ad annunciare”. “Ricordiamoci che ogni muro che ci separa dal nostro prossimo e ferma chi fugge da persecuzioni e violenze, ci allontana dall’amore di Dio e dalla sua vocazione ad accogliere e proteggere, così come Lui ci ha accolto e protetto”. La Dichiarazione si conclude con un appello alle “nostre Chiese perché premano sui governi e le autorità per promuovere politiche più umane e aperte per i rifugiati, per costruire ponti come strumenti di solidarietà e segnali di speranza. Per questo invochiamo l’aiuto di Dio perché ci aiuti e ci sostenga nel servizio al nostro prossimo che bussa alle nostre frontiere”.

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