Europa: Timmermans (Commissione), eredità cristiana patrimonio inclusivo per l’oggi

“Il nostro ricorrente riferimento all’eredità cristiana è fatto perché vogliamo che sia la base del dialogo con gli altri oppure la citiamo per escludere coloro che non vi appartengono e creare così divisioni?”, ha chiesto Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione europea parlando nell’aula del Sinodo nell’intervento di apertura dell’evento “(Ri)pensare l’Europa”. Più volte egli ha fatto riferimento alla sua storia personale, l’adesione alla fede, gli studi con gesuiti e francescani. “Non sarebbe cristiano” ha aggiunto, “usare l’affermazione per escludere”. Dalla sua formazione, Timmermans ha “imparato che la fede non è una certezza assoluta, non è il ‘so tutto’ che ci aiuterà a superare l’inverno”, ma è “l’apertura a persone con diverse opinioni, l’apertura ad imparare dagli altri”. Questo è “ciò che ci rende forti in quanto Chiesa”. E ha concluso dicendo: “se vogliamo che l’Ue trovi il suo secondo respiro, dobbiamo vedere quest’eredità come invito aperto, non come qualcosa dal passato”. “Se non lo faremo, creeremo una nuova nostalgia”, che è il nuovo “oppio dei popoli”. La nostalgia “è come un buon bicchiere di vino”, a esemplificato, ma se si beve tutta la bottiglia, “si perde la strada”. Così i dogmi sono lì per “aiutarci a comunicare con coloro che non hanno il nostro stesso punto di vista”, perché “la più grande minaccia è l’eterno ritorno della de-umanizzazione dell’altro, arrogandosi il diritto di escludere gli altri”.

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