Disabilità: Anmic, “lavoro negato e discriminazioni. Rispettare i diritti”

Lavoro negato, discriminazioni, assistenza insufficiente, barriere architettoniche. A lanciare un appello-denuncia a nome di 4 milioni di persone disabili in Italia è stata oggi l’Anmic (Associazione nazionale mutilati e invalidi civili), in una conferenza stampa a Roma. La più grande associazione di settore con oltre 150mila iscritti e 104 sedi territoriali ha denunciato l’assenza “dalle priorità dell’agenda del governo e nella nuova manovra finanziaria e dal dibattito pubblico sulle emergenze del Paese”, chiedendo il rispetto e l’attuazione concreta dei diritti. “Purtroppo in questo momento la politica italiana ha altre priorità – ha osservato Nazaro Pagano, presidente Anmic – ma esiste una frattura tra le leggi e la realtà. Non vediamo ancora i benefici che vorremmo per impattare sulla società”. Sono tante le criticità sollevate dall’associazione, tra cui le difficoltà nell’inclusione scolastica date dalla carenza di insegnanti di sostegno, le perplessità sulla legge sui “caregiver” in discussione in Parlamento, la solitudine delle famiglie che non riescono a fruire dell’assistenza pubblica, il diritto negato al lavoro. Infatti, nonostante la legge 68 del 1999 disciplini il collocamento al lavoro delle persone con disabilità, la stessa normativa prevede che i datori di lavoro abbiano la possibilità di pagare un contributo esonerativo nel caso non intendano assumere. “Non deve essere concesso a nessuno di scambiare posti di lavoro previsti per le persone disabili in cambio di euro”, ha affermato Alberto Mutti, vicepresidente Anmic. Discriminatoria, a suo avviso, è anche la chiamata nominativa, anziché attingere alle liste degli aventi diritto. L’Anmic ritiene perciò “improrogabile” una revisione della legge 68/99 attraverso la formulazione di un testo unico che renda esigibile il diritto al lavoro per le persone disabili. L’associazione, ricordando che su 680mila disabili aventi diritto solo 18mila sono i collocamenti (nemmeno il 3% del totale), non esclude di sollevare una questione di costituzionalità della norma.

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