Rohingya: Msf, “conferenza dei donatori è occasione di evitare catastrofe umanitaria”

credits: MSF Medical Action - Rohingya Crisis

La presidente internazionale di Medici senza frontiere (Msf) Joanne Liu, da poco rientrata dal Bangladesh, lancia un appello alla Conferenza dei donatori per la crisi dei rifugiati Rohingya, organizzata a Ginevra da Ocha, Iom e Unhcr e co-ospitata dall’Unione europea e dal Kuwait: “Questa conferenza dovrebbe suonare come una sveglia – ha affermato -. È il momento di mobilitarsi per evitare una catastrofe, ripristinando la dignità di una popolazione in grave stato di bisogno”. Joanne Liu nelle scorse settimane ha visitato la regione di Cox’s Bazar, dove quasi 600.000 rifugiati hanno cercato riparo negli ultimi due mesi: “È difficile comprendere la grandezza della crisi se non la vedi con i tuoi occhi. Gli insediamenti sono incredibilmente precari. Rifugi improvvisati fatti di fango e teli di plastica, fissati insieme col bambù e sparsi su piccole colline. Se ci si ferma all’entrata principale dell’insediamento di Kutupalong, che ospitava diverse migliaia di Rohingya già prima di questo afflusso recente, le cose sembrano abbastanza organizzate. Ma se ci si addentra nell’insediamento, nelle foreste e nelle aree senza strade, è un’altra storia. Non vi sono quasi servizi e la vulnerabilità delle persone è sconvolgente. Famiglie intere vivono sotto teli di plastica in un terreno fangoso e allagato. Hanno poche cose, sono esposti agli attacchi degli elefanti e non hanno accesso ad acqua pulita, latrine, cibo o assistenza sanitaria”. Intanto nelle ultime due settimane, altre 40.000 persone hanno attraversato il confine dal Myanmar, un chiaro segno che le violenze nello Stato di Rakhine continuano. Msf invita il governo del Bangladesh “a mantenere aperti i suoi confini e la comunità internazionale a sostenere questo gesto coraggioso – conclude Liu -. È dovere dei donatori contribuire a prevenire un disastro di salute pubblica. Possiamo farlo solo assicurando una risposta alle necessità vitali di una popolazione che ha affrontato violenze, stupri e torture. Servono più organizzazioni impegnate nella costruzione di latrine, nell’installazione di pompe per l’acqua, nel fornire assistenza medica e nella distribuzione del cibo. Tutto questo potrà accadere solo se il governo del Bangladesh faciliterà la presenza degli aiuti e autorizzerà una presenza consistente di organizzazioni umanitarie”.

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