“Benché ci siano alcuni euroscettici, prevale l’orgoglio per il fatto che l’Estonia ha ripreso il suo posto in Europa, con tutti i doveri e i diritti che ne conseguono”. Al vescovo Philippe Jourdan, amministratore apostolico, è affidata la cura della piccola comunità cattolica (7mila fedeli) dell’Estonia. Una presenza minoritaria, ma non per questo meno vivace e presente sul piano sociale e civile. Intervistato dal Sir in vista del dialogo su “(Re)thinking Europe – Il contributo dei cristiani al futuro del progetto europeo”, promosso da Comece e Santa Sede in Vaticano il 27-29 ottobre, mons. Jourdan riflette sul ruolo che il suo Paese sta svolgendo alla presidenza di turno del Consiglio Ue. Si tratta, afferma, di un compito “molto impegnativo e tutti i ministeri e i funzionari statali sono mobilitati nell’accogliere le delegazioni nazionali che continuamente arrivano per i diversi impegni europei”. “È apprezzato anche il fatto che in questo modo l’Estonia si faccia conoscere. Il contributo che il nostro Paese vuole dare all’Ue è molto specifico, ma ha grandi conseguenze etiche: l’alta tecnologia e la digitalizzazione”. E come Chiese, in Estonia, come vi state muovendo nel semestre europeo? “Fino ad ora non abbiamo potuto dare un contributo grande. Aspettiamo il 16-17 novembre quando ci sarà a Tallin un momento più importante sul tema ‘Religione. Società. Stato’, dove noi come Chiesa saremo chiamati a esprimerci”.
Sull’appuntamento in Vaticano invece osserva: “È un’esperienza nuova e un concetto nuovo d’incontro: a tutto tondo su scala europea tra personalità politiche e del mondo religioso, ma anche in modo sistematico, con una delegazione di ogni Paese. È difficile da immaginare. Sarà certo un’occasione per noi, persone di Chiesa, conoscere in un contesto più informale personalità politiche che sono in relazione con la Chiesa cattolica. Magari riusciremo a spiegare loro che le convinzioni religiose di ognuno non sono un elemento problematico e che la dottrina cristiana è anche una fonte di ispirazione e di nuove idee per la costruzione europea, per un’Europa più stabile, più forte, che dà più speranza alla gente. Perché la religione non è un ostacolo al progresso europeo”.