Bosnia-Erzegovina: Consiglio d’Europa, “a Mostar ristabilire la democrazia locale”. Ancora “profonde spaccature etniche”

“Il Congresso invita le autorità a tutti i livelli a lavorare alla ricerca di una soluzione durevole per il ristabilimento della democrazia locale nella città di Mostar, emendando la legislazione, in particolare la legge elettorale e lo Statuto della città”. Questa la sollecitazione del Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d’Europa indirizzata alle autorità di Mostar, la città della Bosnia-Erzegovina che beneficia di uno statuto speciale alla luce degli accordi di Dayton, ma che dal 2008 non svolge elezioni democratiche a livello locale. Nel corso di una tavola rotonda a Strasburgo è stato preso in esame il recente rapporto d’informazione preparato da Stewart Dickson, relatore del Congresso, “sulla missione del Congresso in Bosnia nel quadro del dialogo post-elettorale e in seguito alle elezioni locali del 2 ottobre 2016”, elezioni che però a Mostar non hanno avuto luogo. In tutta la Bosnia, che per altro ha avviato le procedure di domanda di adesione all’Ue, ma vive “un contesto politico ancora difficile” ed è ancora “segnata da profonde spaccature etniche” si legge nel Rapporto, si registra una “mancanza generalizzata di volontà politica” nell’“elaborare in Parlamento gli emendamenti alla legge elettorale”, nonostante l’esistenza di una Commissione incaricata di farlo. Tra i punti fragili, i casi di frode e di compravendita di voti, la presenza nelle liste di candidati residenti de facto all’estero.
A Mostar in particolare la mancanza di norme adeguate ha creato una situazione di stallo per cui è il sindaco Ljubo Beslic, in carica dal 2008, a gestire da solo la città senza consiglio municipale, decaduto nel 2012. “Il Congresso continuerà a seguire da vicino la situazione, in stretta collaborazione con il Comitato europeo delle Regioni (Ue), e s’impegna a mantenere nella sua agenda il tema della democrazia locale nella città di Mostar, fino a che non si arriverà a una soluzione”, si legge nella conclusione del dibattito di Strasburgo.

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