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Papa Francesco: alla Fao, “fermare il ricorso alle armi di distruzione di massa è possibile”. Non si bloccano i migranti con “barriere”, serve “azione intergovernativa coordinata e sistematica”

“Fermare il ricorso alle armi di distruzione di massa è possibile”. Ne è convinto il Papa, che nel discorso alla Fao si è chiesto: “Tutti siamo consapevoli della capacità di distruzione di tali strumenti. Ma siamo altrettanto consapevoli degli effetti della povertà e dell’esclusione? Come  fermare persone disposte a rischiare tutto, intere generazioni che possono scomparire perché mancano del pane quotidiano, o sono vittime di violenza o di mutamenti climatici?”. “Si dirigono dove vedono una luce o percepiscono una speranza di vita”, ha fatto notare Francesco a proposito del fenomeno delle migrazioni forzate: “Non potranno essere fermate da barriere fisiche, economiche, legislative, ideologiche: solo una coerente applicazione del principio di umanità potrà farlo”. E invece – la denuncia – “diminuisce l’aiuto pubblico allo sviluppo e le istituzioni multilaterali vengono limitate nella loro attività, mentre si ricorre ad accordi bilaterali che subordinano la cooperazione al rispetto di agende e di alleanze particolari o, più semplicemente, ad una tranquillità momentanea”. Al contrario, per Francesco, “la gestione della mobilità umana richiede un’azione intergovernativa  coordinata e sistematica, condotta secondo le norme internazionali esistenti e permeata da amore e intelligenza. Il suo obiettivo è un incontro di popoli che arricchisca tutti e generi unione e dialogo, e non esclusione e vulnerabilità”. A proposito del dibattito internazionale su questo tema, che “divide quando si parla dei migranti”, il Papa ha affermato: “Vulnerabile è colui che è in condizione di inferiorità e non può difendersi, non ha mezzi, vive cioè una esclusione. E questo perché è costretto dalla violenza, da situazioni naturali o peggio ancora dall’indifferenza, dall’intolleranza e persino dall’odio”. Di fronte  a questa condizione, ha argomentato Francesco, “è giusto identificare le cause per agire con la necessaria competenza”, ma “non è accettabile, che per evitare di impegnarsi, ci si trinceri dietro a sofismi linguistici che non fanno onore alla diplomazia ma la riducono, da ‘arte del possibile’, a un esercizio sterile per giustificare egoismi e inattività”.

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