Festival della missione: suor Coccia (comboniane), “se non si cambia si muore; le sfide sono interculturalità e dialogo”

(dall’inviata a Brescia) – Da 2.218 religiose comboniane che erano nel 1974 (di cui il 70% occidentali/europee) e orientate tutte verso il continente africano, oggi sono 1.250, appartenenti a 35 nazioni e sparse in 29 Paesi: le missionarie comboniane non temono di guardare in faccia la realtà e di usare la parola “crisi” in senso costruttivo, perché “se la missione non cambia i suoi riferimenti culturali, geografici e la comprensione di se stessa rischia di morire”. Lo ha detto oggi suor Luigina Coccia, madre generale delle suore comboniane, intervenendo all’incontro su “Quale futuro per la missione ad gentes” durante la prima edizione del Festival della Missione “Mission is possible”, in corso dal 12 al 15 ottobre a Brescia, organizzato dalla Conferenza degli istituti missionari (Cimi), dalla diocesi di Brescia e dalla Fondazione Missio. “Cala il numero delle missionarie ma cresce l’interculturalità – ha precisato suor Coccia -. Oggi è in atto nel nostro istituto un decentramento istituzionale. I nostri 3 noviziati sono in Eritrea, Uganda ed Ecuador e le vocazioni provengono per il 70% dall’Africa, il 10% dall’Europa e il 20% dalle Americhe”. “L’intercultura è il nuovo modo di fare missione – ha affermato -, un dinamismo insito nel Vangelo stesso, per cui tutti sono inviati ovunque e non più dal Nord del mondo verso il Sud”. Anche il fenomeno migratorio pone degli interrogativi: “Oggi ci chiediamo se ha senso andare mentre i popoli vengono da noi”. “Viviamo una crisi di identità perché il mondo è cambiato e dobbiamo ri-situarci – ha sottolineato la comboniana -. Ma senza avere paura di confrontarci con le sfide attuali, per una nuova comprensione della missio ad gentes e l’apertura a nuovi stili di missione caratterizzati dal dialogo. Ricomprendere cioè la missione non come un ‘fare’ ma come una dinamica dell’incontro con l’altro”.

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