Epifania: mons. Moraglia (Venezia) “noi figli del pensiero debole impariamo dai magi a riscoprire intelligenza e cuore”

I re magi, “questi umili ma decisi ricercatori dell’Assoluto hanno da insegnarci molto”. Ne è convinto il patriarca di Venezia, monsignor Francesco Moraglia. E nell’omelia della Messa solenne dell’Epifania presieduta ieri nella basilica cattedrale di S. Marco, ne ha spiegato il perché: “Noi che siamo i figli dell’epoca detta post-cristiana, del pensiero debole e dell’era della tecno-scienza, incapaci o, ancor più, disinteressati di fronte alle domande più vere dell’uomo. Sappiamo tutto circa il web, gli ultimi programmi del computer e i cellulari di ultima generazione ma non siamo più interessati alle domande sul destino dell’uomo, sul senso della vita, su che cosa ci sia dopo la morte…”. Dio, ancora mons. Moraglia, “parlò sia alla intelligenza sia al cuore di questi magi, attraverso segni comprensibili secondo la loro cultura e che essi erano in grado di percepire, aprendoli all’incontro col Dio vivo”. Per questo anche noi “dobbiamo riscoprire l’intelligenza e il cuore; l’intelligenza, senza il cuore, ci porta a pensare la ragione come ad un assoluto; il cuore, senza la ragione, ci porta a un buonismo che fa male a noi e agli altri. Il piano di Dio creatore ci parla insieme di ragione e di cuore, distinti fra loro ma mai separati”. I magi “sono uomini in ricerca; oggi diremmo uomini che sanno aprirsi all’improbabile, non chiusi nei loro criteri interpretativi a partire da un’idea di ragione posta come assoluto…”. Uomini che, al contrario, ha concluso Moraglia, “sanno che il sapere prima di tutto è un incontro con il Vero, che richiede l’umiltà di chi sa di non sapere e che non può ridursi, come è accaduto, a un discorso/discussione su un metodo eretto a dogma inconfutabile per cui ciò che non entra dentro tale metodo ‘preconfezionato’ o è inconoscibile o, addirittura, non-esistente”.

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