Sparatoria a Napoli: don Palmese (vicario Carità e Giustizia), per fermare camorra “servono cittadinanza attiva e accompagnamento militare”

“La sparatoria stamattina a Napoli è l’ennesima dimostrazione che la camorra, al di là del fatto che possa sparare o meno, in città è presente, in quella forma tribale del pizzo, della possibilità di lucrare sugli esercizi, piccoli o grandi che siano. Anche se sono soprattutto i più piccoli, e senza protezioni, che il più delle volte devono sottostare”. È don Tonino Palmese, vicario episcopale per il settore Carità e Giustizia della diocesi di Napoli, a commentare al Sir il raid punitivo nel mercato della Duchesca a Napoli, in cui sono restati feriti una bambina di dieci anni, che passava di lì, e tre senegalesi. A quanto sembra, sarebbero stati proprio questi ultimi, avendo una bancarella nella zona, il bersaglio dell’azione malavitosa, dopo essersi rifiutati di pagare il pizzo. Quanto accaduto, secondo don Palmese, “è anche un’occasione per riflettere su come la criminalità organizzata non guardi in faccia a nessuno, senza badare neppure al colore della pelle – essendo immigrati non vivono certo nell’agiatezza -, o esercitando un’egemonia violenta, in qualsiasi orario”. Questo, a giudizio del sacerdote, “sta a dimostrare che i camorristi non temono niente o sanno che sul territorio c’è una scarsa presenza delle forze dell’ordine, dal punto di vista numerico”.

Di fronte a questa situazione occorre intervenire a due livelli, suggerisce il vicario episcopale: “Innanzitutto, un livello di cittadinanza attiva sui temi del racket, dove negli anni passati Napoli si è contraddistinta nel contrasto, grazie ad alcune realtà associative molto attive, che, però, adesso sembrano fare meno notizia. In secondo luogo, un livello repressivo: bisogna assicurare alla legge quante più persone possibile perché i malavitosi non conoscono limiti e domani mattina saranno pronti a colpire di nuovo”. “Abbiamo bisogno – conclude don Palmese – di un po’ di più accompagnamento civile e militare per poter dire alle persone di non pagare il pizzo. Se i tre senegalesi sono stati l’obiettivo del raid significa che non pagavano il pizzo, avendo già fatto un’opera di resistenza, ma né monitorata né accompagnata, tantomeno denunciata”.

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