Espulsioni e Cie: lettera don Zerai (Habeshia) al Viminale, “no al giro di vite”

“Di fronte alla catastrofe umanitaria che stiamo vivendo”, milioni di profughi in Europa e  13mila morti in mare solo dal 2014 ad oggi, “si tratta non di restringere ma di ampliare i criteri dell’asilo e dell’accoglienza. Il giro di vite che lei, ministro, ha proposto sui respingimenti degli ‘irregolari’ va esattamente nella direzione opposta”. Così don Mussie Zerai, presidente dell’agenzia Habeshia, si rivolge oggi al ministro dell’Interno Domenico Minniti, in una lunga lettera aperta a proposito della sua decisione di riaprire e moltiplicare i Cie (Centri di identificazione ed espulsione) per procedere alle espulsioni degli immigrati irregolari, annunciando una “stagione di tolleranza zero”.  “Nessuno nega che i controlli siano necessari e che vadano repressi e perseguiti i comportamenti illegali – afferma il sacerdote eritreo -. Ma sono troppe le cose che non tornano nei provvedimenti annunciati per affrontare un problema complesso come quello dell’immigrazione. Il sospetto è che si sia voluta dare una risposta alla montante ondata populista che si ostina a vedere nello straniero, nel ‘diverso’, un nemico, alimentando una assurda, inaccettabile guerra tra poveri”. “In teoria, questo discorso non fa una piega: chi non ha diritto all’accoglienza non può restare – scrive  -. Ma in base a che cosa si stabilisce chi è ‘irregolare’ e chi no? È proprio qui il punto. Lei non ha detto una sola parola sui criteri per individuare chi ha diritto di restare” né “ha richiamato il diritto internazionale e la Convenzione di Ginevra: ovvero, il principio irrinunciabile che le richieste di asilo vengano esaminate caso per caso, tenendo conto delle storie individuali”.

Al contrario si continuerà ad adottare la “scelta per nazionalità” ossia vengono accolti come rifugiati soltanto i siriani e gli eritrei. Tutti gli altri no. Ma questo criterio viola il  diritto internazionale  e configura “nei fatti vere e proprie espulsioni di massa indiscriminate”, afferma don Zerai, descrivendo nel dettaglio ogni singola situazione di instabilità, violenza e mancanza di democrazia dei Paesi di provenienza della maggioranza dei profughi: Nigeria, Gambia, Somalia, Mali, Sudan e Sud Sudan. “Ha senso – si chiede – pensare che chi fugge da situazioni d’inferno come queste, nel momento stesso in cui mette piede in Italia, sia considerato un ‘irregolare’ perché non ha la fortuna di essere di una certa nazionalità? A lei, signor ministro, la risposta”.

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