Monsignor Galantino: “la gente non sente alcun bisogno di nuovi documenti, non dobbiamo incartare il Verbo, ma incarnarlo”

“Passare da una teologia dei documenti a una riflessione sull’esperienza credente vissuta dal popolo di Dio nelle chiese del nostro amato Paese”. È la proposta avanzata da monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, nel suo intervento di apertura del convegno sul tema “Quale rapporto fra teologia e pastorale. Il ruolo delle facoltà teologiche e degli Issr nelle Chiese locali e nella società”, in corso a Roma per iniziativa del Servizio nazionale per gli studi superiori di teologia e scienze religiose della Cei. “I teologi dovrebbero impiegare meno tempo a commentare i documenti del Magistero, magari con la speranza di far carriera con atteggiamenti di servilismo papolatrico, e spendere meno energie a cercare di identificare le lacune teologiche del pontificato o del proprio vescovo”; piuttosto dovrebbero “avvertire il loro fondamentale ministero come servizio al popolo di Dio, perché, secondo l’auspicio dei vescovi italiani si realizzi una fede colta e matura”. “Oggi ancora una volta l’agire ecclesiale ha bisogno di una teologia certamente rigorosa, che non fa sconti, ma che si espone nell’attivazione, da un lato, di percorsi volti all’approfondimento della fede e delle sue istanze in questo cambiamento d’epoca e, dall’altro, di percorsi volti ad individuare le modalità più consone alla comunicazione del Vangelo alle donne e agli uomini di oggi”, la tesi del segretario generale della Cei, secondo il quale “la gente non sente alcun bisogno di nuovi documenti, non dobbiamo incartare il Verbo, ma incarnarlo”.

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