Comunicazioni: Istituto Toniolo, “il 90% dei giovani italiani condanna l’Hate speech”. Le principali vittime percepite sono gli immigrati

La quasi totalità dei giovani italiani condanna l’“Hate speech”, ovvero l’abuso sui social network di termini offensivi e l’espressione di odio e intolleranza verso persone o categorie sociali. È quanto emerge dall’indagine su “Diffusione, uso, insidie dei social network” eseguita dall’“Osservatorio Giovani” dell’Istituto Giuseppe Toniolo per “Parole O_Stili”, il progetto nato per far riflettere sulla non neutralità delle parole e sull’importanza di sceglierle con cura, che avrà il suo primo momento di confronto il 17 e 18 febbraio a Trieste. Dalle risposte date da un campione di 2182 giovani italiani, tra i 20 e i 34 anni, nel mese di gennaio 2017, emerge che “l’opinione sull’Hate speech – si legge in una nota – è negativa per quasi il 90% degli intervistati (89,4%). Solo al 30,1% non è mai capitato di imbattersi in tali gravi forme di discriminazione tramite un linguaggio violento”. Inoltre “il 10,5% si trova spesso davanti a situazioni di questo tipo” mentre “il resto degli intervistati vi si imbatte occasionalmente”.

Interessante notare che “le vittime principali, nella percezione degli intervistati, sono gli immigrati (58,8%), singole persone pubbliche (37,1%), gli omosessuali (35,4%), i musulmani (33%) e le donne (25,3)”. L’indagine indica poi che i giovani italiani hanno una frequentazione quotidiana con i social network (il 93% degli utenti di Facebook lo usa ogni giorno), favorita dall’utilizzo dello smartphone che per il 72,2% è lo strumento privilegiato per connettersi. “La grande maggioranza dei giovani – prosegue la nota – considera i social network uno strumento che consente, più della vita ‘offline’, di comunicare i propri stati d’animo (69,2% concorda ‘molto o abbastanza’) ed esprimere apertamente il proprio punto di vista sulle questioni più controverse dell’attualità (71,3%), con linguaggio più schietto e diretto (70,1%)”. Ma c’è anche “consapevolezza dei rischi” visto che i giovani ritengono che “i contenuti che vi si pubblicano possono essere tanto veri quanto ‘inventati’ (86,6%)”. “Ognuno si regola in base alla propria sensibilità sia nel valutare l’affidabilità delle notizie da condividere sia nel lasciarle cadere o nelle modalità di replica a provocazioni e insulti”, spiega Alessandro Rosina, curatore dell’indagine, per il quale “molti sono quelli che dopo essere stati ‘scottati’ hanno deciso di limitare la presenza quantitativa e qualitativa in rete, diventando più cauti ma perdendo anche fiducia nelle possibilità di espressione e condivisione nei social”.

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