Benedetto XVI: esce domani “Ultime conversazioni”, intervista con Peter Seewald

Esce  domani, nelle edicole italiane con il Corriere della Sera e in libreria con Garzanti, un volume che raccoglie interviste a Benedetto XVI.  “Eravamo progressisti”, si legge in alcuni stralci anticipati dall’Osservatore Romano, a proposito del Ratzinger degli Anni Cinquanta: “Volevamo rinnovare la teologia e con essa la Chiesa, rendendola più viva. Eravamo fortunati perché vivevamo in un’epoca in cui, sulla spinta del movimento giovanile e di quello liturgico, si aprivano nuovi orizzonti, nuove vie. Volevamo che la Chiesa progredisse ed eravamo convinti che in questo modo sarebbe ringiovanita”. Sull’arrivo a Roma per il Concilio: “Per me era tutto nuovo. La mattina presto passavano i bambini che andavano a scuola con il grembiule: non avevano cartelle, ma portavano i libri in mano legati da un elastico. Lo trovavo molto divertente. Tutt’intorno pullulava di vita, c’erano i commercianti e le botteghe dei barbieri erano affollate di clienti con la faccia coperta di schiuma: allora si usava ancora farsi radere. Ogni giorno facevo la mia passeggiata, così imparai a conoscere il quartiere. I grandi luoghi del cristianesimo primitivo mi entusiasmarono, le catacombe, Santa Priscilla, la chiesa di San Paolo dentro le Mura, San Clemente. Anche la necropoli sotto San Pietro, ovvio. Non però nel senso che mi sentivo in sospeso sulle nuvole, ma perché l’origine era lì, si toccava con mano la grandezza della continuità”. L’impatto con Papa Giovanni: “Eravamo stati contagiati dall’entusiasmo destato da Giovanni XXIII. I suoi modi anticonvenzionali mi avevano subito affascinato. Mi piaceva che fosse così diretto, così semplice, così umano”. Interpellato sull’adeguatezza o meno degli appellativi “professor papa” o “il papa teologo”, con cui veniva chiamato, Benedetto XVI risponde: “Direi che cercavo di essere soprattutto un pastore. E uno dei compiti di un pastore è trattare con passione la Parola di Dio, che è anche quello che dovrebbe fare un professore. Sono stato anche un confessore. I concetti di ‘professore’ e ‘confessore’ hanno filologicamente quasi lo stesso significato, anche se il compito di un pastore è più vicino a quello del confessore”.

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