Diocesi: mons. Turazzi (San Marino), “credenti e non credenti, nostre origini in un santo della Chiesa cattolica”

“È la prima volta che mi rivolgo al mio popolo e ai miei presbiteri dopo il terremoto che ci ha resi tutti un po’ marchigiani, laziali e umbri. Mi rendo conto di come l’informazione sui fatti del terremoto pian piano abbandoni la prima pagina dei quotidiani… Questa penisola è tra i siti a più alto rischio per quanto riguarda eventi sismici”. “Come ricostruire, con quali modelli? Se la natura si chiama provvidenza, la società deve chiamarsi previdenza”: Mons. Andrea Turazzi, vescovo di San Marino-Montefeltro, si è espresso con queste parole durante l’omelia pronunciata il 3 settembre, nella basilica del santo, per la festa di San Marino. Ampia parte della riflessione ha richiamato al dovere della solidarietà, cercando poi nelle Scritture una interpretazione dei fatti. Quindi ha aggiunto: “Alludendo anche all’esperienza del terremoto dell’Emilia, ho visto crollare tabernacoli con i cibori pieni di Eucaristia e ostie consacrate tra i calcinacci. Quelle ostie sono presenza di un Dio terremotato”. Quindi il vescovo si è espresso così: “È festa per la nostra comunità, ma non possiamo non calare queste considerazioni in rapporto a quel che si vive in casa nostra. Anche noi abbiamo i nostri ‘terremoti’…Abbiamo vissuto in passato livelli piuttosto alti di vita economica. Oggi le cose stanno cambiando”.
“Guardiamo alla quotidianità e alla situazione in cui versa il Paese a noi più vicino, l’Italia, a cominciare da quell’Italia con cui facciamo diocesi: la Val Conca, la Val Foglia, la Val Marecchia, in una parola il Montefeltro. La Caritas diocesana potrebbe fornirci ragguagli interessanti in merito”. “In un’unica solennità celebriamo oggi la fondazione della nostra comunità civile e il santo suo fondatore, Marino. Nella stessa comunità la dimensione religiosa e quella civile si sono intrecciate. Unite, ma non confuse, inseparabili ma senza prevaricazioni. San Marino non intese fondare una comunità religiosa come un monastero a cielo aperto, un sistema integralistico, ma una società fraterna, dove si dà ‘a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio’. (Mt 22,21). “Da sempre la nostra tradizione ha promosso, più o meno consapevolmente e più o meno felicemente, il valore della laicità”, ha aggiunto il vescovo. “Chi non è credente non tema le radici cristiane della nostra comunità, è proprio su queste radici che si fonda il rispetto e la libertà di ognuno. La nostra libertà è reale non per la concessione di qualcuno, ma perché fondata sulla dignità della persona. Chi è credente deve contare sul rispetto e sulla considerazione di chi afferma il valore della laicità”. “Credenti e non credenti non nascondiamo le nostre origini da un santo della Chiesa cattolica. Anche questo fa parte della nostra peculiarità, ci costituisce – appunto – sammarinesi”.

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