Rapporto Censis/Ucsi: boom della spesa tecnologica nonostante la crisi. Ma c’e anche voglia di sicurezza

Dal 2007 al 2015, in controtendenza con la crisi economica, la spesa tecnologica è cresciuta in modo esponenziale: +191,6% per i telefoni e +41,4% per computer e audiovisivi. Netto il calo di giornali e libri: -38,7 %. E’ questo uno dei dati più importanti del 13° Rapporto Censis-Ucsi sulla comunicazione, intitolato “I media tra élite e popolo” e presentato oggi a Roma. Per i ricercatori c’è un termine che spiega questo boom e che è anche la parola-chiave del Rapporto: disintermediazione. In pratica gli italiani hanno risparmiato su tutto tranne che su telefonini e pc perché attraverso di essi hanno imparato a spendere meno (in soldi e tempo) per acquisire in autonomia e almeno apparentemente senza mediazioni tutta una serie di beni e di servizi. Questa tendenza non riguarda soltanto i consumi o la fruizione dei media, ma diventa – secondo il Rapporto – un autentico paradigma sociale, alimentato da “una sfiducia nelle classi dirigenti al potere e in istituzioni di lunga durata che oggi si salda alla fede nel potenziale di emancipazione delle comunità attribuito ai processi di disintermediazione resi possibili dalla rete”. Allo stesso tempo, però, cresce la disponibilità a rinunciare a quote di privacy per motivi di sicurezza. Secondo l’82,8% i gestori dei social network devono controllare e segnalare i messaggi potenzialmente pericolosi e per il 75,5% i servizi di intelligence devono poter pretendere dalle aziende del web di accedere alle informazioni dei clienti.

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