Terrorismo: mons. Viganò (Segreteria Comunicazione), “il Papa non cade nella facile trappola del confonderlo con una guerra di religione”

“Andando a Cuba, papa Francesco non ha incontrato una nazione ridotta a reperto archeologico e neppure un passato di facile archiviazione. Per un uomo come Papa Francesco che vuole prendersi cura dell’uomo reale, con la propria storia e i propri sogni, il popolo cubano non può essere dichiarato come mondo finito. Meno ancora è ovvio il cammino da intraprendere che, non solo per prossimità geografica, appare il paradigma degli Stati Uniti d’America. La fine delle ideologie pare aver sancito la vittoria del modello americano. Il fatto che il Papa abbia accostato Cuba e Usa evoca alcune domande interessanti: il successo del modello occidentale libero da ideologie passate va accolto senza riserva? Tale successo non ha alternative reali?”. Sono osservazioni che si leggono in una lunga intervista rilasciata da monsignor Dario Edoardo Viganò, prefetto per la Segreteria della Comunicazione della Santa Sede, alla rivista Limes, dal titolo “La strategia comunicativa di Papa Francesco”. Ampio il ventaglio di temi affrontati da Viganò; dagli scenari internazionali alla pace nel mondo, dal futuro dell’Europa al nodo migratorio. Sul terrorismo afferma: “Il Papa è fermo nel non cadere nella facile trappola del confondere il terrorismo con una guerra di religione. Non siamo dinanzi a una guerra di religione, ma solamente a un uso della violenza che vuole sporcare il messaggio di pace delle religioni. Le religioni non sono fondate sul seme dell’odio, bensì dell’amore e della pace. E proprio la pace va coltivata, difesa e sostenuta, come dimostra Francesco”.

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