Meeting di Rimini: incontrarsi in periferia, “vivere con” e non “vivere per”

(Da Rimini) – “Banlieu e villas”, il tempo e le distanze si annullano quando si parla di periferie. Francesi le prime, argentine le seconde ma mai così vicine con le problematicità (che si trasformano in carichi di umanità) che le contraddistinguono. Il tema delle periferie è stato al centro di un incontro che si è tenuto ieri al Meeting di Rimini. Ne hanno parlato Jean Francois Morin, direttore dell’Association Le Rocher Oasis des Cités in Francia, e José Maria “Pepe” di Paola, prete villero e coordinatore della Commissione episcopale contro la tossicodipendenza in Argentina. Hanno indicato come unico metodo per la irrinunciabile integrazione “vivere con”, non “vivere per”. Il 90% degli abitanti delle banlieu in cui opera l’associazione Le Rocher sono musulmani. “Siamo lì – ha spiegato Morin – perché vogliamo testimoniare che c’è qualcosa di più grande di noi che ci consente di aprire il cuore, di accogliere la tristezza che ci circonda e che c’è sempre una possibilità”. Tra le attività principali del sodalizio – che nasce grazie all’esperienza del movimento cattolico Emmanuel – ci sono l’aiuto allo studio dei ragazzi, visite a domicilio, giochi in strada, organizzazione di workshop, gite, vacanze insieme. Una visione che accomuna l’operato di padre Pepe in Argentina che vive nelle villas da 20 anni. Nel 2007 con altri 20 preti e con l’assenso dell’allora arcivescovo Bergoglio, aveva presentato un documento sull’integrazione urbana alla vigilia delle elezioni locali. “Per poter realmente realizzare città integrate – sono state le sue parole – è necessario instaurare un dialogo culturale. Nel documento viene sottolineata la necessità di garantire le cosiddette tre ‘t’ (tierra, techo, trabajo ovvero il diritto alla terra, alla casa e al lavoro) e anche le tre ‘c’ (colegio, club e capilla, scuola, attività ricreative e cappella). Occorre garantire all’interno dei quartieri formazione e istruzione, un luogo in cui si possono vivere le proprie capacità, lo sport come scuola di vita e il luogo religioso che è il luogo dell’identità”.

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