Ecumenismo: Sebastiani al Sae, c’è “una compresenza di tradizione, riforma e profezia”

“Siamo abituati a intendere tradizione, riforma, profezia come se fossero tre aree ben recintate, come se gli abitanti di una di esse non potessero fare a meno di guardare a quelli delle altre due con un senso di estraneità e sospetto”: così ha esordito, ieri alla sessione del Sae in corso ad Assisi, la teologa Lilia Sebastiani. Ma, ha proseguito, “credo che non sia così: solo quella che nei Vangeli si chiama sklerokardìa, ‘durezza di cuore’ (e che assume tante declinazioni diverse), può dar luogo a questo irrigidimento non solo limitante ma antisalvifico, da cui deriva quasi automaticamente una lettura statica e conservatrice della tradizione, una lettura della riforma troppo prudente e ‘politica’ ai limiti dell’opportunismo, una lettura solo romantico-utopistica della profezia. Nemmeno potrei condividere in pieno la definizione esclusivamente temporale che tende ad assegnare alla tradizione il passato, alla riforma il presente, alla profezia il futuro; credo invece che il vissuto di ogni autentica e viva comunità di fede, in ogni tempo, debba necessariamente partecipare di tutte e tre le dimensioni”. Per Sebastiani, “le realtà umane e storiche sono sempre a rischio di involuzione; ma se guardiamo, come credenti, ai momenti più forti e aurorali della storia che ci ha condotto fin qui, possiamo e dobbiamo sempre leggerli come una compresenza di tradizione, riforma e profezia. Pensiamo soprattutto e in primo luogo allo stesso evento di Gesù, nel concreto della sua vicenda storica; pensiamo (poiché ci troviamo ad Assisi) alla santità veramente ‘extra-ordinaria’ di Francesco d’Assisi, libera, creativa, fedelissima; pensiamo a momenti di svolta nella storia quali il Concilio Vaticano II o anche, se vogliamo, il pontificato di Papa Francesco, tuttora in cammino sotto il segno della misericordia di Dio”.

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