Gmg 2016: Harmeze, un’oasi di pace sulle orme di padre Kolbe

(dagli inviati Sir a Cracovia) “Chi desidera incontrare san Massimiliano Kolbe, Giovanni Paolo II, santa Faustina Kowalska e santa Edith Stein nella terra dove hanno vissuto e dato la vita, compiendo un pellegrinaggio di uno o più giorni, può mettersi in contatto con noi”. Non è un annuncio pubblicitario, ma una proposta di spiritualità e di formazione missionaria sulle orme di San Massimiliano Kolbe, ucciso dai nazisti con una puntura di acido fenico dopo essere stato rinchiuso nel “blocco 11” del campo di Auschwitz per essere lasciato morire di fame. Il numero del francescano che ha offerto la sua vita per salvare quella di un padre di famiglia era 16.670, quello di Marian Kolodzej, artista e scenografo polacco, entrato nel campo di Auschwitz a soli 17 anni, i 14 giugno del 1940, era il 432: faceva parte del primo trasporto di polacchi tra i “blocchi” dove ha passato cinque anni ed è sopravvissuto, assistendo all’episodio in cui padre Kolbe ha rotto la fila per offrirsi ai nazisti. Per 50 anni Marian – morto nel 2009 – ha rimosso il suo soggiorno obbligato tra gli orrori, ma poi ha avuto un ictus e da allora i ricordi sono tornati a girare vorticosamente: ne è nata una mostra, “Cliché di memoria, labirinti”, ora ospitata nel centro gestito dalle Missionarie dell’Immacolata-Padre Kolbe ad Harmeze. “Parole chiuse in un disegno”, l’ha definita l’autore, che ha dedicato 15 anni della sua vita ad adempiere ad una promessa, prima rimossa e poi riemersa, fatta ai suoi compagni: “Se ti salvi, devi raccontare”.

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