Diocesi: mons. Caiazzo (Matera), “le cinque vie di Firenze sono un invito a riscoprire la dignità della persona

“Le cinque vie indicate dal Convegno della Chiesa italiana di Firenze sono un invito a riscoprire la dignità e la trascendenza della persona: abbattere le cause strutturali della povertà, offrendo a tutti la possibilità dell’istruzione, del lavoro, della sicurezza sanitaria, della casa, un’economia e mercati inclusivi, la cura dei beni collettivi, la riforma dei partiti, dei sindacati e delle istituzioni pubbliche”. Così l’arcivescovo di Matera, monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo, nel saluto rivolto oggi alle autorità civili e militari in cattedrale, alla vigilia della Festa di Maria SS della Bruna. “E’ sicuramente compito del cristiano essere presente sul territorio ed incontrare l’uomo per servirlo e aiutarlo a riscoprire la sua dignità di figlio di Dio. Ritengo che, in ogni caso, nessuna istituzione possa non sentirsi provocata positivamente” dalle parole di Gesù. Di qui il richiamo al “Progetto Policoro” e alle centinaia di giovani che “in questo progetto”, hanno trovato “una sistemazione occupazionale”. “Alla base del bene comune – ha aggiunto Caiazzo – ci dev’essere, senza ombra di dubbio, la giustizia, che mette ordine e rende il quotidiano vivibile. Ritengo, allora, che il fine della politica sia la giustizia e che la fede cristiana impone ad ogni credente una partecipazione alla cosa pubblica partendo dall’insegnamento della Dottrina sociale della Chiesa”.
“Papa Francesco – ancora parole del presule – ci ricorda continuamente di guardare alle periferie esistenziali”. Di qui il richiamo ad un passaggio del proprio discorso di insediamento a Matera, il 16 aprile: “La Chiesa ‘in uscita’ è una Chiesa con le porte aperte”. “È indispensabile prestare attenzione per essere vicini a nuove forme di povertà e di fragilità in cui siamo chiamati a riconoscere Cristo sofferente, anche se questo apparentemente non ci porta vantaggi tangibili e immediati: i senza tetto, i tossicodipendenti, i rifugiati, i popoli indigeni, gli anziani sempre più soli e abbandonati”.

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