Rifugiati: appello di 14 ong, in Italia 10mila in insediamenti informali. “Serve accoglienza dignitosa”

“Si stima che siano almeno 10mila in Italia i rifugiati e richiedenti asilo che vivono in insediamenti informali (stazioni ferroviarie, palazzi occupati, campi spontanei), in condizioni critiche, con uno scarso o del tutto assente accesso alle cure mediche e privi di qualsiasi forma di assistenza. La cronica mancanza di posti nel sistema di accoglienza per richiedenti asilo e l’assenza di strutture per i migranti in transito, rischiano di incrementare il numero degli insediamenti informali e la popolazione all’interno degli stessi”. È quanto si legge in un appello congiunto sottoscritto da 14 Organizzazioni non governative, tra cui Intersos, Focsiv, Aibi, Amref, Asgi, Medici per i diritti umani, Medici senza frontiere Italia, Oxfam Italia, Save the Children Italia. “Gli insediamenti spontanei a Ventimiglia e a Roma in via Cupa, costituiscono soltanto due degli esempi più recenti e gravi – si legge nel documento – In questi casi, a fronte degli sforzi di vari attori della società civile di assistere i migranti riguardo le necessità di cibo, servizi igienici, orientamento socio-sanitario di base, le istituzioni hanno reagito con sgomberi forzati, espulsioni, trasferimenti di migranti da una parte all’altra dell’Italia”. Da qui l’appello “alle istituzioni competenti, nazionali e locali, di mettere in campo tutte le misure necessarie ad assicurare condizioni di vita dignitose e il rispetto dei diritti umani fondamentali, tra cui il diritto alla salute, a tutti i migranti forzati presenti nel nostro Paese, bambini, donne e uomini, anche a coloro che si trovano al di fuori del sistema di accoglienza governativo, qualunque sia il loro status giuridico”. “Il godimento di diritti fondamentali, come il diritto al cibo, all’acqua, alla salute, a non subire abusi e violenze – sottolineano le ong firmatarie – non possono dipendere dallo status giuridico dei migranti forzati né dalla loro volontà di cercare protezione nel nostro Paese o di considerarlo soltanto un transito verso altri Stati dell’Unione europea”.

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