Migrante ucciso: don Meduri (parroco Rosarno), “servono percorsi d’integrazione”

“Un barcone in balia delle onde mai arrivato a riva”. Così il parroco di Bosco di Rosarno, don Roberto Meduri, definisce la tendopoli di San Ferdinando, nella piana di Gioia Tauro dove ieri un immigrato del Mali ha perso la vita in modo tragico. In questo territorio – spiega il sacerdote che abbiamo raggiunto telefonicamente mentre si trovava proprio nella tendopoli – “non si va oltre le formalità” e questo “impedisce un reale percorso di integrazione” per gli immigrati che qui vivono. Il rischio è quello di “lasciare ogni cosa al suo destino”. Parlando poi del giovane ventisettenne ucciso ieri, don Meduri racconta di una persona “non violenta”, ma affetta da “turbe psichiche” che lo portavano a “isolarsi dagli altri”. Questa mattina un centinaio di migranti stanno inscenando, per le strade del piccolo centro – diretti al Municipio – una marcia che rischia di “essere strumentalizzata da alcuni e perdere il vero senso dell’iniziativa”. “Tranne qualche piccolo caso”, ci dice don Meduri, i circa 500 giovani migranti che oggi vivono nella tendopoli (durante l’anno sono molti di più, ndr) sono “tranquilli e in questi giorni stanno vivendo, tra digiuno e preghiera il periodo del ramadan”. “Servono – conclude don Meduri – percorsi d’integrazione. Noi, come parrocchia, cerchiamo di farlo attraverso anche alcune attività sportive come una squadra di calcio formata di soli migranti”.

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