Ragazze bruciate a Mosul: Pignatti Morano (Un ponte per) a Radio Vaticana, “una strategia chiara dell’Is”

“È un pretesto che queste donne non avessero voluto sposare i combattenti. Fa parte di una strategia chiara, all’interno della quale l’Is sta anche bruciando vive delle altre persone musulmane delle aree occupate, accusate di essere spie. Hanno scelto il primo giorno di Ramadan per farlo, dopo aver sequestrato anche, in tutta la Piana di Ninive, le antenne satellitari della gente per impedire alle persone di ascoltare i telegiornali e di capire quindi quello che sta succedendo: lasciare i civili nel buio così da poter organizzare la propria offensiva e la propria difesa militare”. Lo dice in un’intervista a Radio Vaticana Martina Pignatti Morano, presidente dell’Associazione non governativa “Un ponte per…”, presente da ormai 25 anni in territorio iracheno per aiutare la popolazione, a proposito della notizia di 19 ragazze chiuse in una gabbia di ferro e bruciate vive in piazza, nella città di Mosul in Iraq, dai miliziani dell’Isis. “Come associazione ‘Un ponte per’ – aggiunge – crediamo che sia molto importante in questo momento – oltre a promuovere approcci non militari per la liberazione di queste aree e la negoziazione tra le comunità per riuscire a ricostruire un fronte politico anti-Daesh – avere un approccio di giustizia riparativa. Quindi, prima di pensare a punire il colpevole, pensare a riparare la violazione subita dalle vittime: tutte queste donne yazide, curde, musulmane colpite dall’Is stanno ricevendo in realtà poco aiuto, nei fatti, dalla comunità internazionale, per recuperare fisicamente e psicologicamente. C’è veramente bisogno di sostenere, in questo momento, come comunità internazionale, sia le ong che le istituzioni nel sostenere queste donne: questo è possibile! Non dobbiamo aspettare di liberare le aree da Daesh. In questo momento le vittime ci chiedono vicinanza e sostegno”.

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