“È paradossale che con una legge la nostra società possa legittimare l’omicidio come un modo accettabile di mettere fine alla sofferenza”: lo ha affermato mons. Douglas Crosby, presidente della Conferenza episcopale canadese, a proposito della nuova legge sul suicidio medicalmente assistito, approvata a metà giugno dal parlamento di Ottawa. Il vescovo di Hamilton ha usato parole nette, definendo la decisione “deplorevole” e un “fallimento” del governo e della società canadesi, incapaci “di garantire una protezione umana autentica alle persone sofferenti e vulnerabili”. Il vescovo ha sottolineato come “la grande maggioranza delle persone morenti in Canada oggi non hanno accesso alle cure palliative o all’assistenza domiciliare di qualità”. Per mons. Crosby la “soppressione deliberata della vita umana con un intervento diretto non ha nulla a che vedere con un atto umanitario”, mentre è necessario “ridurre al minimo il dolore e la sofferenza delle persone morenti e di quelle tentate dal suicidio e non sopprimere la loro esistenza. Fare dell’assistenza medica al suicidio un diritto non è una vera cura, né un gesto umanitario. È una falsa pietà, una deformazione della bontà verso i nostri fratelli e sorelle”. Il prelato è poi tornato a ribadire il valore delle cure palliative, le quali “restano incontestabilmente la sola scelta morale, efficace e indispensabile, l’unica opzione compassionevole” verso chi è gravemente sofferente.